Buttiglione: assicurare protezione da dolore a fine vita
«Dobbiamo dire con chiarezza che il paziente va difeso dal dolore, anche se queste terapie palliative potranno abbreviare la sua vita»
ROMA - Sì alla possibilità di stabilire come si vuole essere trattati alla fine della vita, e no all'accanimento terapeutico ma anche no deciso all'eutanasia se è quello a cui si mira introducendo il testamento biologico. Lo ribadisce all'Asca Rocco Buttiglione, UDC, vicepresidente della Camera, riferendosi al provvedimento sul Biotestamento, le disposizioni di fine vita, attualmente all'esame della commissione affari sociali . E ripropone il senso del suo emendamento al DL Calabrò - assunto come testo base - che prevede il ricorso alle cure palliative contro le terribili sofferenze che spesso affliggono i malati terminali.
«La maggior parte degli italiani - spiega - ha paura di morire nel dolore, o di vedere un suo caro morire fra atroci dolori. Dobbiamo dire con chiarezza che il paziente va difeso dal dolore, anche se queste terapie palliative potranno abbreviare la sua vita».
Un inserimento di questo genere, toglierebbe molta forza argomentativa al fronte eutanasista che ribadisce la pietà umana nei confronti del paziente terminale per il dolore che è costretto a sopportare e, secondo Buttiglione , «porterebbe a una grande convergenza, non solo da parte della maggioranza, ma anche delle forze del centro sinistra».
«Nei giorni del caso di Eluana - ricorda Buttiglione - si diceva che una legge era assolutamente necessaria perché esisteva un vuoto normativo ed i magistrati si trovavano costretti ad agire per colmarlo. Oggi quelle stesse persone dicono che non c'è fretta. Ma una legge verrà fatta, perché è un impegno che il Parlamento ha preso».
Ed esprime soddisfazione per il ritiro degli oltre duemila emendamenti presentati dai radicali: «Probabilmente li riproporranno in Aula - dice - ma comunque è meglio così: questo consente che in commissione si discuta con tranquillità».
Quanto al testo di legge, «al Governo ci sono forze contrarie all'eutanasia - avverte - e siamo chiamati a concertarci su un documento che la escluda. Perché la vita non è di nostra proprietà ma anche dei nostri figli, di nostra moglie, dei nostri cari. Dunque, non possiamo decidere di privarcene e di privarli». Di più, «se anche fosse vero che la vita è solo mia, lo Stato è disposto a dare valore vincolante al mio ordine di uccidermi? La risposta è no».