4 maggio 2024
Aggiornato 19:00
«Forse ha ragione l'Osservatore Romano»

Farefuturo: guardiamo in faccia la realtà

Basta con la retorica degli «italiani brava gente»

ROMA - «Questa storia degli italiani brava gente comincia davvero a venire a noia. Perché non è possibile che non ci siamo ancora tolti di dosso il vizio antico dell'autoassoluzione: come se nessuno, mai, fosse colpevole, come se nessuno mai fosse coinvolto». Lo scrive Filippo Rossi su Ffwebmagazine, periodico online della Fondazione Farefuturo, criticando la «troppa retorica» sulla presunta «bontà» degli italiani.

«Gli italiani sono brava gente sempre, da sempre. Comunque assolti. Sono stati brava gente nelle colonie. Quante strade, quante piazze! Quanta civiltà! La guerra? Quisquilie. E pure quando sono stati emigranti: tutti bravi uomini! Tutti bravi padri di famiglia. Come se la mafia non l'avessimo esportata noi. Come se a New York, i mafiosi italiani non siano, ancora oggi, quelli più ascoltati. E rispettati».

E anche oggi, continua Rossi, «nessuno è colpevole - dicono - quando gridano cori razzisti negli stadi contro Balotelli. Ragazzacci: tutto qua. Anzi - aggiungono - è colpa del giocatore che è antipatico. Nessuno è colpevole se si propongono vagoni separati nelle metropolitane. O quando qualcuno pretende ditte di pulizie che siano cristiane e occidentali. E nessuno è colpevole nemmeno quando qualcun altro si sollazza nello sparare agli immigrati. Sono inutili, dicono. Questione economica. È una guerra tra poveri, spiegano. Il razzismo? Non c'entra nulla. Ma proprio nulla. Nemmeno quando li pagano un euro all'ora. È il mercato, baby. E nessuno è colpevole quando i «neri» diventano «negri» in nome di un «politicamente scorretto» cavilloso, inutile e urticante. E nessuno è colpevole nemmeno quando si spiega che devono essere tutti cacciati. Via da qui!».

«Qualcosa - continua l'articolo - decisamente non funziona. Forse sarebbe il caso di raccontarsi la realtà per quella che è. Con i pregi e difetti, i buoni e i cattivi. Allora, forse, ha ragione l'Osservatore romano quando accusa, senza mezzi termini: «Un viaggio in treno, una passeggiata nel parco o una partita di calcio, non lasciano dubbi. Non abbiamo mai brillato per apertura, noi italiani dal Nord in giù. Né siamo stati capaci di riscattarci, quando il «diverso» s'è fatto più vicino, nel mulatto, a prescindere dalle diversissime cause per cui ciò è avvenuto»».