6 maggio 2024
Aggiornato 00:01
Polemiche dopo l'ufficio di presidenza del Pdl

Berlusconi attacca, il CSM reagisce

In merito alle frasi contro «chi è in disaccordo nella Pdl» Bonaiuti precisa «non diceva a Fini»

ROMA - Toni durissimi contro la magistratura sono emersi ieri dal documento conclusivo dell'ufficio di presidenza del Pdl, il partito di maggioranza. E assieme, la promessa di una riforma complessiva della giustizia, la riproposizione del Lodo Alfano per via costituzionale, il via libera al ddl sul processo breve.

Durante l'incontro però il premier Silvio Berlusconi avrebbe usato toni ancora più duri e in particolare una frase sulla persecuzione giudiziaria capace di portare il Paese sull'orlo della guerra civile. Che il clima sia infuocato lo dimostra anche un'altra accusa mossa dal premier: C'è un tentativo di far cadere il governo.

Non solo, Berlusconi ha lanciato un avviso: chi non è d'accordo con la maggioranza del partito è fuori dal Pdl. Su questo punto in particolare secondo il portavoce del governo Paolo Bonaiuti «Berlusconi non si è affatto rivolto» al presidente della Camera Gianfranco Fini e alla sua abitudine di smarcarsi dalle posizioni della maggioranza.

«Berlusconi - ha affermato Bonaiuti - ha fatto un discorso di una semplicità estrema. Ha ricordato che il Pdl è un partito che ha l'«obbligo morale di rispettare e realizzare il programma votato dagli elettori. Se qualcuno non è d'accordo, si discute in maniera libera, liberale e aperta e poi si vota». Le prese di posizione di Berlusconi hanno provocato intanto l'intervento del Consiglio Superiore della Magistratura.

Il Csm ha annunciato che acquisirà le dichiarazioni del presidente del Consiglio durante la riunione dell'ufficio di presidenza. «E' un'escalation di denigrazioni contro tutta la magistratura, non possiamo fare a meno di intervenire», ha detto il consigliere togato Mario Fresa (Movimento per la giustizia), che in Prima Commissione è relatore della pratica già aperta dopo le affermazioni con le quali il premier, lo scorso settembre, accusava i magistrati di Milano e Palermo di cospirare contro di lui.