Il Csm «stronca» il Processo breve, Alfano vede i Procuratori
Ma sulle sedi disagiate il Ministro non cambierà la norma
ROMA - Le «ragioni che uniscono il Parlamento e la magistratura sono più di quelle che li dividono», dice il ministro della Giustizia Angelino Alfano, ma il ddl sul processo breve non è di sicuro una di queste, visto che anche il Csm, oggi, ha stroncato la norma, fissando da un minimo del 20 a un massimo del 40% i processi penali che andrebbero in prescrizione se la norma venisse varata.
PROCESSO CIVILE - Il vero «disastro», è la denuncia di palazzo dei Marescialli, riguarda però il processo civile, con una forchetta che va dal 20 al 50%, investendo anche «tribunali gioiello» come quelli di Torino, che oggi è «in pari» con i lavori, e Milano, che non solo è in pari, ma che sta «dal 2007 aggredendo l'arretrato, con tempi di gestione di un processo inferiori ai 9 mesi».
Tutti dati che sono affluiti a palazzo dei Marescialli oggi, quando la VI commissione, guidata da Ezia Maccora, ha «sentito» i capi degli uffici di Torino, Milano, Venezia, Bologna, Roma, Napoli, Bari, Reggio Calabria e Palermo. In buona sostanza, la risultanza degli incroci di dati, «ancora parziali e che necessiteranno numerose elaborazioni» scatta una fotografia allarmante del sottore, allarme ripreso anche dai 230 capi degli uffici requirenti riuniti oggi a Roma per discutere dell'applicazione della circolare del Csm sulla riforma Mastella.
ALFANO PROMETTE PIÙ RISORSE - Anche a loro non è proprio piaciuta questa nuova proposta del governo, e non l'hanno nascosto, pur ascoltando con approvazione Alfano promettere «più risorse in finanziaria» per la giustizia e la disponibilità a «lavorare fin da domani mattina ad aprire un tavolo tecnico con Csm e Anm per mettere tutti in condizione di lavorare al meglio».
SEDI DISAGIATE - C'è però il nodo delle sedi disagiate, a corto di pm e a rischio di chiusura: i magistrati vorrebbero che i giovani che entrano nella professione potessero entrare come prima nomina in quelle sedi, ma il ministro ha opposto un secco no: «quella norma non l'abbiamo fatta noi, ma la condividiamo e chiedermi di abolirla è l'unico modo per non uscire da questa situazione».
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