17 aprile 2025
Aggiornato 20:31
Garante carcere: non colti segnali di allarme, anche la madre morta suicida

Blefari suicida in carcere, la brigratista si è impiccata

«Le era stato notificato ergastolo. Potrebbe esser stata goccia che ha fatto traboccare il vaso»

ROMA - L'esponente delle «nuove Br» Diana Blefari Melazzi si è impiccata ieri sera nel carcere femminile di Rebibbia a Roma, dove era detenuta dopo la condanna (diventata definitiva in Cassazione) per concorso nell'omicidio di Marco Biagi, assassinato dalle Nuove Br il 19 marzo 2002. È stata condannata anche in relazione all'omicidio di Massimo D'Antona.

Lo scorso anno gli avvocati della Blefari Melazzi avevano fatto istanza affinché venisse concessa una nuova perizia medico-legale per un trattamento diverso della misura cautelare.

NON HA MAI ACCETTATO LA CONDANNA - Poche ore prima di togliersi la vita Diana Blefari Melazzi aveva ricevuto una comunicazione ufficiale dagli uffici giudiziari di Bologna rispetto alla conferma in Cassazione, della condanna all'ergastolo per il suo coinvolgimento nell'omicidio di Marco Biagi. Il verdetto emesso dalla Suprema corte era stato comunicato anche da un legale, collaboratore dei suoi difensori Caterina Calia e Valerio Spigarelli, ma forse quel documento, quel pezzo di carta, potrebbe essere stato «la goccia che ha fatto traboccare il vaso», ha spiegato la penalista. «Diana non ha mai accettato questa condanna», ha detto l'avvocato Calia. Nel primo processo la Cassazione aveva annullato la condanna alla Blefari Melazzi, ritenendo che ci fosse una carenza di motivazione. Con la conferma però in appello del massimo della pena gli ermellini lo hanno a loro volta ribadito, il 27 ottobre scorso.

REGIME CARCERARIO DURO - La detenuta, «ospite» del braccio del 41 bis del carcere delle Costarelle e sottoposta a «regime carcerario duro» (due ore d'aria e due di socialità al giorno, posta censurata e un'ora al mese con la famiglia, attraverso un vetro), aveva iniziato a dare segni di quella che nelle carceri è la 'malattia' più temuta: l'apatia. Blefari, infatti, non si alzava più dal letto e rifiutava i colloqui con tutti, familiari e avvocato compresi. La neobrigatista, quindi, si è impiccata ieri sera, attorno alle dieci e mezza, utilizzando lenzuola tagliate e annodate. La donna - secondo quanto si è appreso - era in cella da sola, detenuta nel reparto isolamento del carcere Rebibbia femminile.

GARANTE CARCERE: NON COLTI SEGNALI DI ALLARME - Passava le sue giornate in completo isolamento, in una cella singola, per la maggior parte del tempo a letto e al buio, rifiutando spesso cibo e medicine.
È il ritratto, tracciato dal garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni, della brigatista Diana Blefari Melazzi, edicolante romana di 41 anni, morta suicida ieri sera nella cella dove era detenuta nel carcere romano femminile di Rebibbia.

Blefari, ricorda Marroni, era schizofrenica e inabile psichicamente, figlia di madre con la stessa malattia, morta suicida lanciandosi dal balcone di casa. Dal regime di 41 bis era passata a quello di detenzione normale. Trascorreva, però, le giornate in completa solitudine rifiutando qualsiasi contatto con le altre detenute.