3 ottobre 2025
Aggiornato 10:30
Nomine RAI

Stop di Garimberti su nomine: «no a comitati ristretti nel Cda»

Ruffini: «Orgoglioso mio lavoro, vedremo se scopo è normalizzare»

ROMA - Niente nomine varate nei palazzi del potere fuori dalla Rai, ma nemmeno nei 'comitati ristretti' interni a Viale Mazzini. Paolo Garimberti recita il suo 'non possumus' di fronte alle indiscrezioni di stampa e alle polemiche in merito ai possibili avvicendamenti alla terza rete.
Un vero e proprio stop, formalizzato nell'ordine del giorno della convocazione del primo cda post-ferie, il 9 settembre.

«Cosi come non si decidono nei palazzi fuori dalla Rai - sarebbe stato il ragionamento di Garimberti - le nomine non si fanno nemmeno in 'comitati ristretti' all'interno dell'azienda. Le nomine, che non possono essere mai oggetto di scambio con l'esistenza o meno di programmi, devono essere approfonditamente discusse e ampiamente condivise con tutti i membri del Cda». Insomma, non è piaciuto al numero uno del Cda leggere sui giornali che alcuni consiglieri (secondo le indiscrezioni, quelli in quota centrodestra) avrebbero stretto intese per delle nomine, senza discuterne nella sede istituzionale a ciò preposta, ovvero il consiglio nella sua collegialità. E oltre al metodo c'è un problema di merito, ed è qui che il presidente richiama il necessario consenso, condizione già posta da Garimberti prima dell'estate.

Di questo Garimberti avrebbe anche brevemente discusso con il dg Mauro Masi. Tocca a quest'ultimo, infatti, avanzare le proposte di nomina. A quanto si apprende, sarebbe stato lo stesso Masi a escludere nomine per la prossima settimana. Ambienti della direzione generale, d'altronde, già in mattinata smentivano seccamente voci di «accordi» o pressing del Pdl sulle nomine: «Le eventuali nomine - si faceva notare - saranno come sempre informate alle normative vigenti e alle procedure aziendali secondo criteri di professionalità e del più ampio consenso possibile».

Nel dibattito interviene anche il diretto interessato, Paolo Ruffini, che non si mostra turbato dai pronostici di chi lo vorrebbe molto presto senza una poltrona: «A me non risulta che la nomina di RaiTre sia all'ordine del giorno», taglia corto escludendo che la questione sia legata in alcun modo al congresso del Pd. Poi si «orgoglioso» del lavoro svolto in questi sette anni e non rinuncia a lanciare una frecciatina, anche perchè Raitre è la rete che al meglio rappresenta il servizio pubblico. Insomma, l'avvicendamento non sarebbe legato a logiche aziendali, «se poi c'è un tentativo di spoil system o di normalizzazione della rete staremo a vedere».

Di certo, esiste un partito pro-Ruffini. Gli uomini vicini a Franceschini, per lo più, punterebbero a una conferma del direttore uscente: «sarebbe strano, nonchè singolare e curioso, se qualcuno pensasse di 'cacciare' il direttore di Raitre Paolo Ruffini per aver declinato in questi anni un vero servizio pubblico premiato dagli ascolti e dalla stessa critica - afferma il vicepresidente della Vigilanza, Giorgio Merlo -. Non c'è ricambio politico che tenga e che si giustifica, anche se qualcuno pensa di sostituirlo con professionisti della stessa area culturale». Quasi un messaggio ai compagni di partito (a quanto pare l'area dalemiana, in primis) che puntano a un rinnovamento, per rete e Tg. In questi giorni, dopo il tandem Di Bella-Berlinguer, sono circolati i nomi di Giovanni Minoli e Enrico Mentana. E non mancano le indiscrezioni più maliziose che fanno notare come sia stato proprio l'ex conduttore di Matrix a intervistare Massimo D'Alema, ieri, alla Festa dell'Unità.