6 maggio 2024
Aggiornato 06:00
L'accusa è di appartenere alla categoria dei «finti moralisti»

Feltri attacca il direttore di Avvenire. Boffo: «è killeraggio»

Scontro aperto fra il direttore del Giornale e del quotidiano Cei

ROMA - Scontro aperto e durissimo fra il direttore de Il Giornale Vittorio Feltri e quello del quotidiano della Cei Avvenire, Dino Boffo. Feltri con un editoriale oggi in prima pagina diffida Boffo dal voler ancora «lanciare anatemi e tirare le orecchie a Berlusconi» per la sua privata, accusandolo di appartenere alla categoria dei «finti moralisti» che hanno censurato il Premier per le sue condotte con le donne.

Con dito (e penna) puntati contro Boffo per una presunta vicenda giudiziaria legata a questioni sessuali in cui il direttore di Avvenire, secondo Feltri, sarebbe stato coinvolto. Altrettanto dura e netta la replica di Boffo a Feltri: «killeraggio» definisce il suo articolo, smentendo l'esistenza dei fatti a lui atribuiti.

«Il direttore dell 'Avvenire' - scrive Feltri nell'editoriale di prima pagina sul 'Giornale' - non ha le carte in regola per lanciare anatemi furibondi contro altri peccatori, veri o presunti, e neanche per tirare le orecchie a Berlusconi. Il problema è che in campo sessuale ciascuno ha le sue debolezze ed è bene evitare di indagare su quelle del prossimo. Altrimenti succede di scoprire che il capo dei moralisti scatenati nel vituperare il capo del governo riveli di essere come quel bue che dava del cornuto all'asino. Mai quanto nel presente periodo - scrive Feltri, - si sono visti in azione tanti moralisti, molti dei quali, per non dire quasi tutti, sono sprovvisti di titoli idonei. Ed è venuto il momento di smascherarli. Dispiace, ma bisogna farlo affinché i cittadini sappiano da quale pulpito vengono certe prediche».

Boffo, però, non sembra preoccuparsene. «La lettura dei giornali di questa mattina - scrive il direttore di 'Avvenire' in una nota - mi ha riservato una sorpresa totale, non tanto rispetto al menù del giorno, quanto riguardo alla mia vita personale.

Evidentemente «il Giornale» di Vittorio Feltri sa anche quello che io non so, e per avallarlo non si fa scrupoli di montare una vicenda inverosimile, capziosa, assurda. Diciamo le cose con il loro nome: è un killeraggio giornalistico allo stato puro, sul quale è inutile scomodare parole che abbiano a che fare anche solo lontanamente con la deontologia. Siamo, pesa dirlo, alla barbarie».

«Nel confezionare la sua polpettona avvelenata Feltri, tra l'altro - controaccusa ancora all'indirizzo di Feltri- si è guardato bene dal far chiedere il punto di vista del diretto interessato: la risposta avrebbe probabilmente disturbato l'operazione che andava (malamente) allestendo a tavolino al fine di sporcare l'immagine del direttore di un altro giornale e disarcionarlo. Quasi che non possa darsi una vita personale e professionale coerente con i valori annunciati. Sia chiaro che non mi faccio intimidire, per me parlano la mia vita e il mio lavoro. Al direttore del Giornale ora l'onere di spiegare perché una vicenda di fastidi telefonici consumata nell'inverno del 2001, e della quale ero stato io la prima vittima, sia stata fatta diventare oggi il monstre che lui ha inqualificabilmente messo in campo. Nella tristezza della giornata, la consapevolezza che le gravi offese sferratemi da Vittorio Feltri faranno serena la mia vecchiaia».