29 marzo 2024
Aggiornato 09:00
Immigrazione clandestina

Divieto di matrimonio con straniero irregolare

ADUC: «Norma da legge razziale»

ROMA - Riportiamo l'edizione odierna della rubrica «Famiglia e individuo - Quindicinale sui diritti dei singoli nelle famiglie tradizionali e di nuova generazione», pubblicata sul nostro sito Internet.

Il pacchetto sicurezza approvato lo scorso 1 luglio vieta agli stranieri irregolari di sposarsi in Italia. E ciò per evitare i matrimoni di comodo, celebrati al solo scopo di ottenere un permesso di soggiorno. Un provvedimento all'italiana, una intollerabile presunzione di «colpevolezza»: si presuppone, senza possibilità di smentita, che il clandestino che si sposa lo faccia per ottenere il permesso di soggiorno. Un provvedimento che ha il sapore delle leggi razziali: il divieto di matrimoni di cittadini italiani di razza ariana con persone appartenenti ad altra razza, la subordinazione del matrimonio di cittadini italiani con persone straniere al consenso preliminare del Ministero dell'Interno, il divieto per gli ebrei di sposarsi in terra italiana e, oggi, il divieto per gli stranieri irregolari di sposarsi in Italia.

Attualmente -o meglio, fino all'entrata in vigore del pacchetto sicurezza- il codice civile (art. 116) prevede che lo straniero che voglia contrarre matrimonio in Italia debba unicamente presentare un documento di identità e il nulla osta dell’autorità' consolare del Paese di origine attestante l’assenza di impedimenti al matrimonio.
L'articolo 116 novellato dal pacchetto sicurezza stabilisce che per sposarsi in Italia lo straniero dovrà esibire al momento della richiesta di pubblicazioni «un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano».

Dunque gli stranieri extracomunitari dovranno allegare copia del permesso di soggiorno, o della ricevuta (della Posta o della Questura) per il suo rilascio, o ancora, se in Italia per periodi inferiori a 3 mesi, copia della dichiarazione di presenza depositata in Questura entro 8 giorni dall'ingresso sul territorio italiano. I cittadini comunitari che risiedano in Italia per periodi non superiori a tre mesi dovranno invece presentare documento di identità valido per l’espatrio (e, presumiamo, fornire prova del fatto che sono in Italia da meno di tre mesi); se soggiornanti da più di tre mesi dovranno, infine, esibire la relativa attestazione anagrafica.

Auspichiamo che questa norma abbia vita breve, e che la Corte Costituzionale sia investita della questione di legittimità fin dall'entrata in vigore del provvedimento. Il diritto di sposarsi è un diritto fondamentale della persona riconosciuto sia a livello internazionale che dalla Costituzione italiana.

L'elenco di diritti e principi fondamentali che una simile norma viola è lungo, lunghissimo:
- la Convenzione europea sui diritti dell'uomo: «Articolo 12 - Diritto al matrimonio. Uomini e donne, in età matrimoniale, hanno il diritto di sposarsi»;
- la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Carta di Nizza) sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 7), a sposarsi (art. 9), a non essere discriminati (art. 12);
- la Costituzione italiana:
a) art. 2: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità»;
b) art. 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana […]»;
c) art. 10, secondo comma: «La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali»;
d) art. 29: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare»; La libertà di sposarsi (o di non sposarsi) e di scegliere il coniuge autonomamente, riguarda la sfera dell'autonomia e della individualità ed è quindi una scelta sulla quale lo Stato non può interferire. Il diritto al matrimonio e', sia per l'ordinamento italiano che per le norme internazionali e comunitarie, un momento essenziale di espressione della libertà e dignità umana che deve essere garantito a tutti, indipendentemente dalla propria condizione di regolarità amministrativa o meno della propria permanenza in Italia.

Se un problema esiste, quello dei matrimoni fittizi, va risolto con controlli adeguati, non già con una proibizione generalizzata di sposarsi, il cui risultato è una gravissima ed intollerabile ingerenza dello Stato nella sfera privata della vita di un individuo, proprio su una scelta, il matrimonio, che costituisce esercizio di un diritto che l’ordinamento internazionale riconosce come fondamentale.

Emmanuela Bertucci, legale Aduc