2 maggio 2024
Aggiornato 11:30

Dl sicurezza: Governo battuto, stop a ronde e permanenza in Cie

Maroni furioso: «Ora garanzie dal Premier». Pd e Udc esultano

ROMA - Via le ronde e via la permanenza prolungata - fino a 6 mesi - dei clandestini nei centri di identificazione ed espulsione (Cie): lo 'svuotamento' del decreto approvato dall'Aula della Camera costa al governo una marcia indietro sui cosiddetti 'volontari per la sicurezza' e una pesante sconfitta con il voto segreto su un emendamento presentato da Pd e Udc. Ma è soprattutto la Lega a infuriarsi dopo aver visto affossate due delle sue bandiere contro l'immigrazione clandestina.

L'ammainamento della prima bandiera, quella delle ronde, in realtà era avvenuto volontariamente, di prima mattina, su iniziativa del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, che, a fronte del pesante ostruzionismo messo in campo ieri dal Pd, ha deciso di accettare la proposta dell'opposizione di stralciare la parte del dl duramente contestata. Il titolare del Viminale spiega immediatamente che la decisione è maturata su sollecitazione del premier Silvio Berlusconi che voleva evitare di porre la questione di fiducia sul testo. E poi chiarisce che la norma verrà recuperata nel ddl sicurezza, calendarizzato dalla conferenza dei capigruppo per il prossimo 27 aprile. Come dire, fin qui tutto (abbastanza) bene.

L'ira della Lega e del ministro dell'Interno esplode quando in Aula alla Camera passa con il voto segreto chiesto dall'opposizione l'emendamento di Pd e Udc che sopprime la norma sui Cie: già bocciata al Senato dove il Carroccio aveva provato a inserirla nel ddl sicurezza, la misura era stata recuperata nel decreto varato dal Cdm sull'onda dei numerosi casi di stupro avvenuti all'inizio dell'anno. Diciassette 'franchi tiratori' nelle file della maggioranza hanno impallinato anche a Montecitorio la norma che prolungava da 60 a 180 giorni il periodo massimo di permanenza dei clandestini nei Centri. Non basta a respingere la soppressione neanche 'l'aiutino' di 10 deputati dell'Italia dei valori che decidono di astenersi. Pesano le assenze soprattutto tra i banchi del Pdl: su un gruppo di 271 deputati partecipano al voto in 189. Il colpo di scena fa infuriare i leghisti che escono dall'Aula salutando con un gesto della mano i 'colleghi-alleati' del Pdl: non torneranno più per tutto il giorno nell'Emiciclo, senza neanche partecipare al voto finale sul decreto di cui, peraltro, una leghista - Carolina Lussana - era relatrice. Un'assenza che costa al governo una nuova sconfitta in Aula - certamente meno pesante - su una mozione del Pd. «E' un tradimento - dice il vice capogruppo della Lega Marco Reguzzoni - perchè almeno una ventina di deputati del Pdl hanno votato a favore dell'emendamento, e dunque è stata una decisione politica, non si può parlare di casi isolati o di errore».

L'opposizione esulta per le «vittorie» ottenute su ronde e Cie: «E' una risposta sincera dei parlamentari che, specie nel centrodestra, non sopportano più che l'agenda sia dettata solo dalla Lega», afferma il presidente dei deputati del Pd, Antonello Soro, che insieme all'ex segretario dei Democratici Walter Veltroni non manca di sottolineare lo «sconcertante» comportamento del partito di Antonio Di Pietro. Il Pd, quindi, annuncia il ritiro dei restanti emendamenti e il voto favorevole a un decreto che, come spiega il responsabile giustizia Lanfranco Tenaglia, «a questo punto è per gran parte frutto del nostro lavoro sulla violenza sessuale e sullo stalking. Non si sogni la maggioranza di ritirarlo». La maggioranza non lo ritira, anzi Italo Bocchino chiede che in Aula sia approvato «in tempi rapidi» anche se reputa «un errore» aver cancellato una norma «buona».

Il provvedimento viene approvato nel giro di poche ore con i voti favorevoli e decisivi delle opposizioni (solo i deputati radicali del Pd votano contro) e in sede di dichiarazione di voto finale il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, promette al Carroccio: «Noi ricorreremo a tutte le misure parlamentari per far sì che il contenuto dell'articolo 5 diventi legge dello Stato». Gli fa eco il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che fa sapere: «Fra cinque minuti chiamo Berlusconi per dirgli che voglio una norma che sia dura il doppio...». E sui franchi tiratori minimizza: «Se c'è un problema politico, è quasi fisiologico, è di serie C. Il 5% di scontenti in gruppo parlamentare ci sono sempre, ci sono anche in qualsiasi condominio».

Ma a Maroni non basta. Il titolare del Viminale, «infuriato», parla di «indulto per i clandestini» e vuole garanzie dal premier. Lo incontrerà domani, fa sapere in una conferenza stampa convocata nel pomeriggio per dare sfogo a tutta la sua rabbia: «Il ministero dell'Interno è stato già battuto due volte. Non intendo più impegnare il Viminale su questo tema, perchè per due volte le nostre iniziative sono state smentite dal voto dei franchi tiratori. Chiederò al presidente del Consiglio di farlo lui, perchè evidentemente io non riesco a farlo e lo ammetto. O ci riesce il presidente del Consiglio o dovrò prendere atto che sull'immigrazione clandestina la maggioranza, o una parte di essa, non la pensa così severamente come la pensiamo noi».