2 maggio 2024
Aggiornato 07:00
Riforma della giustizia: le prerogative del PD

«Assicurare celerità e affidabilità dei processi»

Come afferma Giuseppe D'Avanzo su Repubblica, il Cavaliere “non ha alcuna voglia di riformare subito la giustizia. Perché dovrebbe averne? Si è personalmente protetto con l'immunità (la «legge Alfano») e non teme più i giudici”

Nel periodo delle accelerazioni del governo Berlusconi oggi è il momento della riforma della giustizia. L'intenzione del premier non è quella di migliorare il concetto della certezza della pena o la celerità del processo ma tenere calda l'opinione pubblica e distrarre l'attenzione dalla crisi economica. Come afferma Giuseppe D'Avanzo su Repubblica, il Cavaliere «non ha alcuna voglia di riformare subito la giustizia. Perché dovrebbe averne? Si è personalmente protetto con l'immunità (la «legge Alfano«) e non teme più i giudici».

Ma il timore di una riforma sbagliata perché improvvisata e troppo affrettata resta dietro l'angolo. La paura è quella che la maggioranza la firmi con la »fiducia» in 9 minuti così come ha fatto per la Legge Finanziaria a luglio. I prodromi sono gli stessi colpi di mano o blitz che il governo Berlusconi approva quasi quotidianamente. Dopo il Dpef, il lodo Alfano, la legge Gelmini sulla scuola, l'elezione di Villari alla presidenza della Commissione di Vigilanza Rai e la Social Card che elargisce 1,3 euro al giorno di mancia per i più poveri ora potrebbe toccare alla giustizia. La ciclicità della strategia di Berlsuconi è evidente se si guarda a come è stata gestita la crisi economica o la vicenda Alitalia: il premier così come volle rompere l'unità dei sindacati, ora ci riprova ponendo (lui???) la questione morale all'interno del PD e affermando di essere pronto al dialogo solo se il Partito Democratico sciogliesse ogni legame con Antonio Di Pietro.

La riforma della giustizia apre però dei mal di pancia all'interno della stessa maggioranza: il ministro Bossi non ha nascosto il suo malumore per la mancata calendarizzazione del Federalismo. «La giustizia? Non si possono fare due riforme assieme. Se ci si riesce è meglio ma non so se sono così bravo a fare due cose assieme» ha commentato il ministro per le Riforme. «Ognuna delle riforme – ha ribadito il leader del Carroccio - cammina con gambe proprie ma il federalismo è già in commissione e per forza va avanti prima. È già più avanti».

Anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, se da un lato ha definito la riforma non più rinviabile ha chiarito – venendo incontro alle istanze del PD – che una riforma caduta dall'alto e non condivisa non sarebbe accettabile. «E' necessaria una riforma che abbia un obiettivo condiviso, ciò che è auspicato da tutte le forze politiche: l'efficienza del sistema giudiziario. E oltre alla riduzione della durata dei processi, che è prioritaria, occorre anche una riflessione sull'assetto della magistratura».

La risposta del PD non si è fatta attendere. «La nostra disponibilità a discutere della riforma della giustizia, ammesso che di questo si debba parlare ora, è una disponibilità condizionata, come ho già detto altre volte, e le condizioni sono due: che non venga innanzitutto toccata la Costituzione e che si riformino le procedure per assicurare celerità e affidabilità dei processi ai cittadini italiani». Lo ha detto Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del PD al Senato, conversando con i giornalisti.
«Sulla giustizia – ha spiegato Anna Finocchiaro - dal PD arriva lo stesso messaggio che arriva da qualche mese, ogni volta che il Pdl mettono mano a questa partita che è rimasta in parte oscurata dal federalismo e che rischia di essere di nuovo oscurata dal federalismo per una legittima pretesa della Lega. Noi siamo disponibili a discutere, ma abbiamo due condizioni da dare. La prima: che non si tocchi la Carta costituzionale. Il regime e l'equilibrio tra i poteri è già troppo squilibrato di fatto in questo Paese in favore dell'Esecutivo anche a discapito del Parlamento. Mi pare poi che nessuna proposta sarebbe in grado oggi di dirimere e prevenire la questione che si sta manifestando nello scontro tra le Procure di Catanzaro e di Salerno. Lo dico con umiltà, perché credo che con umiltà bisogna approssimarsi a questa partita. Quello che è in gioco è l'ordinario fisiologico svolgimento della giustizia e i diritti di libertà dei cittadini, il potere di punire dello Stato e il diritto di libertà dei cittadini ancora. Come fare in modo che questo meccanismo dell'azione penale di accertamento delle responsabilità non veda impazzimenti, episodici quanto si vuole, ma impazzimenti? Io credo che questo sia uno dei punti sui quali ragionare. L'altro a mio avviso è investire moltissimo sulle procedure, per far sì che i processi penali diventino celeri e affidabili quanto agli esiti. Per quanto riguarda la separazione delle carriere tanto voluta dal Pdl, io credo che sia saggio aspettare i risultati di riforma, fatta appena 3 anni peraltro insieme al centrodestra, che ha separato le funzioni. Non bisogna cogliere gli spunti della cronaca - ha concluso Anna Finocchiaro - seppure spunti molto gravi, per saltare in groppa a una riforma della giustizia che la Pdl vuole secondo un'idea che noi non condividiamo».

«I punti che per il Partito democratico sono prioritari e che propone per la riforma della giustizia sono processi più rapidi, un maggiore equilibrio fra i poteri dello Stato e certezza della pena».
Lo ha dichiarato il ministro della Giustizia del governo ombra, Lanfranco Tenaglia.
«Su questi temi – ha spiegato Tenaglia –, ribadiamo la nostra disponibilità al confronto, alla luce del sole, in Parlamento. Sia chiaro però che non accettiamo prediche né soluzioni preconfezionate che non risolvono i nodi più drammatici della giustizia italiana e che dovessero avere come fine ultimo non i diritti dei cittadini ma la subordinazione della giustizia alla politica».
«L’ordinamento giudiziario – ha ricordato Tenaglia – ha già subito delle modifiche negli ultimi tre anni e ora c'è una distinzione molto rigida tra chi giudica e chi indaga. Ma se facciamo una separazione delle carriere, chi controlla il pm? Chi garantisce che rispetti le regole e non agisca con fini diversi da quelli della giustizia?».
«Inoltre – ha proseguito il deputato del PD –, vorremmo ricordare al ministro Alfano che in Italia le riforme costituzionali fatte a colpi di maggioranza sono sempre naufragate e che, dunque, continuare ad agitare la bandiera dell’autosufficienza equivale ad assumersi la grave responsabilità di far fallire anche quella, delicata e importante, della giustizia».
«Le reazioni scomposte di tanti esponenti del Pdl – è stata la conclusione di Tenaglia – dimostrano invece che si vuole alzare un polverone sulla giustizia per nascondere l’incapacità del governo ad affrontare la grave crisi economica; e anche che, in ogni caso, la vicenda di Catanzaro viene presa a pretesto per addomesticare la giustizia con le soluzioni che ben conosciamo e che il premier e i suoi predicano da anni».

«Il bullismo del Pdl sono come sempre il peggior viatico a qualsiasi tipo di confronto serio con il Partito democratico. Gli esponenti della maggioranza, che anche oggi non hanno fatto mancare la solita dose di minacciosi ultimatum, si mettano l’animo in pace: il Partito democratico non accetterà mai di ratificare decisioni del governo alla cui stesura non abbia contribuito concretamente con le sue proposte e le sue idee. Il PD ribadisce che la ricerca del confronto su alcune importanti questioni non è una concessione che il governo fa all’opposizione, ma corrisponde ad un interesse generale dei cittadini». Lo ha dichiarato il portavoce del PD, Andrea Orlando, commentando le dichiarazioni di oggi di alcuni esponenti del Pdl sul tema della riforma della giustizia.
«Chi ha avuto affidata la pesante responsabilità di guidare il Paese dovrebbe avere maggiore consapevolezza di questo, invece di continuare a tenere atteggiamenti arroganti che hanno l’unico risultato di produrre strappi e tensioni che di certo non giovano agli italiani. A tutti gli italiani. Anche a quelli che hanno votato per il governo Berlusconi».

Il segretario del Partito Democratico, Walter Veltroni, ha dato incarico al ministro ombra Lanfranco Tenaglia di illustrare al governo le posizioni dei democratici sulla necessità di avviare da subito un tavolo con tutte le componenti del mondo della giustizia. Una sede di confronto per definire proposte innovative, in primo luogo per garantire l’efficienza della macchina giudiziaria verso i cittadini e le imprese.

A.Dra