28 marzo 2024
Aggiornato 23:00
Riforma della Scuola

Il Decreto Gelmini: i punti salienti

La Camera dei Depunti ha approvato il decreto Gelmini di riforma della scuola

La Camera dei Depunti ha approvato il decreto Gelmini di riforma della scuola. Ecco i punti salienti.

1) Il decreto contiene poche innovazioni, ma chiare. Come ha affermato il ministro, obiettivo del decreto non è una riforma strutturale della scuola, ma una serie di provvedimenti concepiti per aggiustare, sistemare, riordinare quel che bastava per iniziare a mettere al centro della scuola non lo Stato, e neanche i problemi sociali, bensì l’educazione dell’alunno e dello studente.

2) Il centro del decreto è l’introduzione del maestro prevalente. Il principio – ribadito dal ministro e dal Pdl e sostenuto anche dalla Lega e, fino al momento del voto, dall’Udc – obbedisce ad una concezione per cui l’educazione si fonda su un rapporto personale unico. Ciò non esclude l’insegnamento dell’inglese o dell’informatica con un docente specifico, qualora lo stesso insegnante dominante non sia in grado di attrezzarsi al riguardo. Certo, questo provocherà risparmi, liberando risorse in un bilancio per la scuola dove gli stipendi del personale assorbono oggi il 96,98 per cento (!) del budget complessivo. D’altra parte, i maestri modulari (tre ogni due classi) sono stati introdotti per ragioni sindacali e di welfare (ossia per dare occupazione a giovani laureati), oltre che in omaggio ad una pedagogia del doppio o triplo «punto di vista» da proporre ai bambini (così che possano crescere nel dubbio…). Nella scuola italiana, a fronte di una mancanza quasi completa di investimenti infrastrutturali e nella didattica, si contano ben diecimila classi con meno di dieci alunni.

3) Il decreto punta a rinforzare il principio di autorità nella scuola, indebolitosi pericolosamente negli ultimi anni. Il voto in condotta, da solo, non può certo risolvere il problema del «bullismo», ma fornirà al docente e all’istituzione scolastica uno strumento che permetta al ragazzo e alla famiglia di riconoscere in chi lo impugna un’autorità. «Autorità», nel senso etimologico, indica qualcuno che parla con certezza di che cosa sia il bene e il male, e su questa base richiede la disciplina.

4) L’introduzione di corsi in «Cittadinanza e Costituzione» non ha come obiettivo una sorta di «educazione statale» che si suppone neutra, bensì l’educazione allo stare insieme attraverso la comunicazione dei caposaldi della vita comune: il rispetto reciproco, la cura di chi è diverso, ma anche il non sporcare i muri, l’alzarsi in piedi quando in classe entra un adulto, e così via.

5) La reintroduzione del voto in decimali mira a ripulire i giudizi sull’italiano e la matematica dagli psicologismi e da sforzi espressivi spesso poverissimi, a benefico della semplicità e della chiarezza.

L’obiezione che lo scopo del decreto sia «uccidere la scuola», «togliere il tempo pieno» o «licenziare i maestri» è assai povera. In realtà le famiglie potranno scegliere liberamente se lasciare i figli a scuola 24 o 27 o anche 40 ore alla settimana. Perché opporsi alla libertà di scelta? E’ davvero necessario che tutti siano obbligati per legge ad inviare i figli a farsi indottrinare anche di pomeriggio, anche quando le scuole sono dominate da ideologie «progressiste» che nei fatti fanno progredire solo l’ignoranza?