19 marzo 2024
Aggiornato 05:00
investimenti

Il Sud è un Paese per giovani, lo dicono i numeri. E il Governo investe

L’imperativo del Governo è ripartire dai giovani. Con la misura specifica ‘Resto al Sud’, lo Stato intende supportare i giovani che abbiano buone idee imprenditoriali a costruire il loro futuro

Palermo
Palermo Foto: Shutterstock

ROMA - Al Sud c’è ancora tanto bisogno di parlare di startup. Ce l’aveva raccontato Michele Franzese, uno degli ideatori e organizzatori di Heroes Meet in Maratea, il primo evento dedicato a innovazione e futuro dell'area Mediterranea. Laddove le comunità di innovatori risultano ancora piuttosto restie alla contaminazione e alla collaborazione, a suo dire, c’è bisogno di inclusione e di condivisione. E di capitali. Una svolta potrebbe essere determinata dal cosiddetto decreto ‘Sud’ recentemente approvato dalla Camera dei Deputati, il quale prevede una serie di agevolazioni nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

Il decreto ‘Resto al Sud’
L’imperativo del Governo è ripartire dai giovani. Con la misura specifica ‘Resto al Sud’, lo Stato intende supportare i giovani che abbiano buone idee imprenditoriali a costruire il loro futuro. Lo fa mettendo a disposizione una dotazione di 40mila euro (estensibile fino a 200 mila euro, nel caso di un progetto presentato da 5 giovani imprenditori), di cui il 35% a fondo perduto ed il restante 65% con un prestito a tasso zero. Sono previste, inoltre, azioni di accompagnamento da parte di enti pubblici, Università ed associazioni del terzo settore, a supporto di questo processo di crescita.

Qui il decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale »

I settori finanziati e l’Industria 4.0
Il decreto pone l’accento sulle attività imprenditoriali relative a «a produzione di beni nei settori dell'artigianato e dell'industria, ovvero relativi alla fornitura di  servizi. Sono escluse dal finanziamento le attivita' libero professionali e del commercio a eccezione della vendita dei beni prodotti nell'attivita' di impresa». E’ proprio l’Industria 4.0, infatti, a rappresentare una potenziale leva per il Sud Italia. Le PMI industriali del Mezzogiorno, sebbene meno presenti rispetto al resto del Paese, costituiscono un insieme piuttosto dinamico. Il loro fatturato cresce, infatti, più della media nazionale, ma con una accelerazione doppia rispetto all’anno precedente (+3,2%). I loro margini sono più contenuti, al contempo, gli oneri finanziari sono più sostenibili e la loro rischiosità è minore.

Il Venture Capital al Sud
A dimostrazione che il Sud è un Paese per giovani e per imprenditori ci sono anche le 54 operazioni siglate complessivamente dai tre fondi di venture capital dedicati, tra cui il fondo Vertis Sgr di cui Amedeo Giurrazza è CEO e fondatore: «Quanto a investimenti in venture capital ritengo che non ci siano particolari differenze tra Sud e Nord Italia - ci dice Amedeo Giurrazza -. Il Mezzogiorno pullula di centri di ricerca, Università e incubatori dai quali nascono numerose idee che meritano di essere sostenute. Negli ultimi 7 anni abbiamo chiuso 20 operazioni di venture capital permettendo a giovani imprenditori del Sud di realizzare i propri sogni creando delle aziende che, oltre a fatturare, hanno avuto un impatto sociale importante creando centinaia di posti di lavoro». Da fine luglio è, inoltre, attivo Vertis Venture 2 Scaleup, un fondo che ha attualmente una dotazione di 30 milioni di euro e che investirà in progetti imprenditoriali legati a tecnologie Industria 4.0 e alla digital transformation: robotica, meccatronica, automazione e tecnologie digitali. Settori di eccellenza della ricerca e dell’innovazione italiane. Il fondo Vertis Venture 2 Scaleup supporterà la crescita nei mercati internazionali della migliori imprese innovative italiane, investendo in quelle che hanno completato lo sviluppo tecnico e stanno muovendo i primi passi nelle loro attività commerciali.

Lo stato di salute del Sud Italia
Nonostante le imprese non riescano a compensare la caduta dei profitti degli anni precedenti i numeri sono incoraggianti: per le circa 25mila imprese di capitali che rispettano i requisiti europei di PMI (10-250 dipendenti e fatturato compreso tra 2 e 50 milioni di euro) e che sono rimaste sul mercato dopo la crisi, cresce il fatturato (+3,9% tra il 2014 e il 2015) anche oltre la media nazionale; aumenta il valore aggiunto che supera per la prima volta i valori pre-crisi (+4,9%); tornano a crescere gli investimenti (7,4% in rapporto alle immobilizzazioni, contro il 5,1% dell’anno precedente e oltre il 7,2% del 2009) e i margini operativi lordi (+5,7%), che proseguono la risalita dopo anni di difficoltà. Lo scenario è stato fotografato da un recente rapporto curato da Confindustria e Cerved. Attraverso un’analisi condotta sulle partecipazioni degli investitori specializzati in innovazione e una ricerca sui siti internet di startup e PMI italiane sono state identificate più di 3mila società che producono innovazione, in molti casi non iscritte ai registri ufficiali. Questo insieme di imprese impiega oltre 23mila addetti e produce ricavi per 3miliardi di euro. Ancora poche, se paragonate con il resto d’Italia, ma posizionate in cluster dalle grandi potenzialità come il biotech, il software e internet of things, il settore mobile e quello dell’ecosostenibilità.