28 marzo 2024
Aggiornato 12:00
il rapporto agi

Uomini, robot e tasse: l'innovazione è questione di cultura

Il rapporto «Uomini, robot e tasse: il dilemma digitale» realizzato nell'ambito del programma pluriennale «“Diario dell’Innovazione”, un progetto triennale AGI – Censis di monitoraggio della reazione degli italiani di fronte ai processi di innovazione, fotografa una situazione ben chiara

Uomini, robot e tasse: l'innovazione è questione di cultura
Uomini, robot e tasse: l'innovazione è questione di cultura Foto: Shutterstock

ROMA - Sono le persone che fanno l’innovazione, la loro capacità di adattarsi al cambiamento, alle tecnologie, agli sviluppi. Senza cultura, senza l’attitudine di abbandonare il vecchio per il nuovo o semplicemente di trasformarlo, l’Italia ha scarse possibilità di colmare il gap digitale on gli altri Paesi del mondo, gap che la posiziona tra i fanalini di code delle classifiche internazionali in termini di tecnologia, smart city, connessione. Siamo consapevoli del ritardo economico che attanaglia il nostro Paese, ma la paura di perdere il lavoro a causa dell’automazione blocca - di fatto - molte delle iniziative imprenditoriali che sarebbero altrimenti prese. Il rapporto «Uomini, robot e tasse: il dilemma digitale» realizzato nell'ambito del programma pluriennale ««Diario dell’Innovazione», un progetto triennale AGI – Censis di monitoraggio della reazione degli italiani di fronte ai processi di innovazione, fotografa una situazione ben chiara.

Il divario tra i ceti sociali
Sono i profili sociali più vulnerabili ad essere spaventati, in particolare, coloro che vivono in famiglie di basso livello socio-economico o che sono privi di titoli di studio superiori (diploma o laurea). L’innovazione diventa quella lama che divide i ceti sociali, che fa da spartiacque allontanandoli sempre di più. Un ulteriore preoccupazione viene dalla penetrazione dell’innovazione nei processi produttivi. Il 37,8% degli italiani ritiene che processi di automazione sempre più spinti e pervasivi determineranno un saldo negativo di posti di lavoro. In questo caso, però, l’Italia si spacca a metà, dato che il 33,5% ritiene invece che il digitale possa creare nuova occupazione, soprattutto in uno scenario di nuovi lavori ancora per gran parte inesplorato.

Non capiamo il potenziale della robotica
La grande opportunità che ci è data risiede nell’Industria 4.0 e nella digitalizzazione dei processi produttivi. Siamo il secondo Paese industriale, abbiamo una tradizione centenaria per le mansioni artigianali, ma restiamo ancorati a una tradizione che ha bisogno di essere rinnovata. La robotica resta ancora un settore fantascientifico, mentre il 40,6% si concentra sui dispositivi, in parte già oggi disponibili, che possono migliorare la nostra vita quotidiana svolgendo al posto nostro compiti ritenuti faticosi o ripetitivi. Solo il 18,7% degli italiani associa in prima istanza l’automazione e la robotica alla possibilità di ottimizzare i processi produttivi delle aziende aumentandone la competitività e la produzione di valore aggiunto. Il concetto di «fabbrica 4.0» e il delta di produttività che si potrà creare da un nuovo rapporto tra lavoratori e macchine sempre più intelligenti e connesse non sembra ancora percolato diffusamente nel panorama cognitivo del Paese.

Tassare o non tassare l’innovazione
E poi insorge il problema legislativo: il 42,1% rifinente, infatti, che la penetrazione dell’automazione e della robotica nei processi produttivi deve essere in qualche modo regolata perché, sostituendo il lavoro umano, finiranno per determinare una riduzione del gettito fiscale complessivo. E’ in pratica la posizione di Bill Gates, il fondatore di Microsoft, che ha di recente sostenuto che un robot dovrebbe essere tassato nella stessa misura del lavoratore che sostituisce. Una percentuale di fatto identica (il 41,6%) la pensa però diversamente: l’evoluzione scientifica e tecnologica seguirà il suo corso e non ha senso pensare di introdurre meccanismi che possano arginarlo o limitarlo. Più della metà della popolazione italiana (55,0%) concorda nel ritenere opportuna una legge in grado di tassare i profitti generati in Italia dai grandi soggetti web (Google, Facebook, E.Bay, Amazon, AirBnB, ecc.) con sede legale all’estero in paesi a fiscalità privilegiata. La volontà del governo italiano di proporre un simile provvedimento agli altri Paesi Ue durante il G7 delle Finanze in programma a Bari dall’11 al 13 maggio 2017 gode dunque dei consensi della maggior parte degli italiani. Consapevolmente, un ulteriore 27,6% degli intervistati ritiene che la questione non possa o non vada affrontata a livello nazionale ma che vada demandata all’Unione Europea. Si rileva inoltre la posizione – minoritaria nel Paese (17,5%) ma maggiormente sentita dalle giovani generazioni (27,5%) – di chi pensa che una legge del genere possa rivelarsi dannosa riverberandosi sui costi dei servizi web per l’utente finale.

Il reddito di cittadinanza
Per fronteggiare il problema della disoccupazione giovanile gli italiani, e le giovani generazioni soprattutto, richiedono uno scatto di protagonismo ed un impegno diretto molto concreto dei soggetti pubblici con poteri decisionali. Due sono gli assi di intervento che vengono individuati tra quelli da presidiare: da un lato il rinnovamento della pubblica amministrazione attraverso uno sblocco del turn over (29,9% del totale delle risposte), dall’altro il sostegno alle forme più avanzate di imprenditoria giovanile (le start up innovative) (27,9%). Minori consensi ricevono tutte quelle modalità di azione che puntano a rafforzare il capitale umano (formazione in campo scientifico, competenze digitali, ecc.), o a rinnovare le politiche attive per il lavoro (potenziamento dei centri per l’impiego, apprendistato, programmi di studio all’estero, ecc.). Anche modalità di intervento di natura socio-assistenziale come il reddito di cittadinanza, sia pure collegate a percorsi formativi obbligatori, raccolgono al momento consensi limitati sia tra i giovani (19,6%) che nel corpo sociale nel suo complesso (18,8%).