19 aprile 2024
Aggiornato 16:30
I risultati dello studio sono stati pubblicati nella rivista Science

Nanoelettronica adattata alle vostre esigenze

Il progetto NANOXIDE sta studiando e cercando di individuare metodi per sfruttare le proprietà di interfaccia tra i vari ossidi, che condurranno poi alla realizzazione di nuovi congegni elettronici su nanoscala

Il progetto NANOXIDE («Novel Nanoscale Devices based on functional Oxide Interfaces«), finanziato dall'UE, sostiene i ricercatori europei e incoraggia i fisici statunitensi a sviluppare congiuntamente la prossima generazione di congegni nanoelettronici. Questo Progetto di ricerca specifico è finanziato nell'ambito del Sesto programma quadro (6°PQ) con una somma di 2,97 milioni di euro. I risultati dello studio sono stati pubblicati nella rivista Science.

Questi congegni avranno le dimensioni ridotte di due nanometri. Per rendere l'idea, ciò corrisponde a grosso modo la larghezza dell'elica del DNA. Il progetto NANOXIDE sta studiando e cercando di individuare metodi per sfruttare le proprietà di interfaccia tra i vari ossidi, che condurranno poi alla realizzazione di nuovi congegni elettronici su nanoscala.

Ciò che distingue questo progetto, è che i partner sono riusciti a creare una piattaforma capace di creare una grande varietà di elementi elettronici, che vanno dai congegni con memoria ad alta densità ai tanto auspicati transistor e processori di computer. La gamma di diversità creativa si basa sull'opera precedente eseguita da un team di ricercatori dell'università di Augsburg (Germania) e dell'università di Pittsburg (USA).

Questa quantità di usi deriva da una tecnica, sviluppata precedentemente dallo stesso team, per adattare le nanostrutture riscrivibili all'interfaccia tra due materiali isolanti. In realtà, i ricercatori sono riusciti a effettivamente dimostrare le varie applicazioni di questo processo.

Il prof. Jeremy Levy, professore di fisica e astronomia presso la School of Arts and Sciences dell'università di Pittsburg, e autore capo dell'articolo, ha dichiarato: «Abbiamo dimostrato che riusciamo a creare tecnologie importanti che sono notevolmente più piccole dei congegni esistenti e [che sono] tutti dello stesso materiale.»

Secondo il professor Levy, questo sviluppo in futuro vedrà molte applicazioni. «Per sostenere lo sviluppo di computer più piccoli e più veloci, nel prosimo decennio occorrerà probabilmente spostarsi dai materiali esistenti,» ha spiegato. «I bit di memoria nei hard disc magnetici sono ormai di dimensioni che non possono essere ulteriormente ridotte; diventerà sempre più difficile miniaturizzare i transistor al silicio. Abbiamo creato una capacità di immagazzinamento e elaborazione avanzata, usando lo stesso materiale, che presenta una flessibilità completamente nuova nella produzione elettronica.»

L'articolo mette in evidenza la capacità della tecnica di creare nanoelettronica su richiesta. Questa può poi essere modificata o semplicemente cancellata, senza il bisogno di procedure complicate. Da notare che questa procedura può essere adattata per transistor field-effect (FET), che sono un tipo di semiconduttori ritenuti da molti i componenti base per computer e elettronica. Ciò che il team è riuscito a fare è stato di creare un transistor, che hanno chiamato «SketchFET», delle sorprendenti dimensioni di due nanometri, più piccolo cioè dei transistor al silicio più avanzati, che misurano 45 nanometri.

Questo nuovo transistor sta suscitando la curiosità di molti rappresentanti del mondo dell'industria. Il dott. Alexander Bratkovsky, scienziato dell'Information and Quantum Systems Lab presso gli HP Labs, lo stabilimento di ricerca centrale della Hewlett-Packard, è rimasto molto impressionato dal congegno.

«Le caratteristiche del voltaggio di corrente dei canali di SketchFET asomigliano molto a quelle di un transistor al silicio e sembrano promettenti. In termini di semplicità: è impressionante. Di solito, i transistor sono costruiti in molti strati. L'idea complessiva, che si possa prendere un'interfaccia ossidica e formare strutture quasi scrivendole in maniera bidimensionale, è molto interessante,» ha detto il dott. Bratkovsky. «Si tratta di una risultato di ricerca notevole con grandi potenzialità per l'elettronica e i sensori. Indica che potrebbero esserci altri sviluppi e usi interessanti per le interfacce ossidiche, con un'alta mobilità inaspettata dei vettori localizzati vicino all'interfaccia.»

L'idea per il progetto è nata durante una visita del prof. Levy all'università di Augsburg, dove il prof. Jochen Mannhart e il suo studente Stefan Thiel (coautori dell'articolo) gli hanno mostrato come l'intera interfaccia poteva spostarsi dallo stato di conduzione a quello isolante. Il prof. Levy si è occupato di adattare il processo a dimensioni su nanoscala e il suo studente e coautore, Cheng Cen, ha messo l'idea in pratica.

Per ulteriori informazioni, visitare:

Science
http://www.sciencemag.org/

Università di Augsburg
http://www.uni-augsburg.de/en/

Università di Pittsburgh
http://www.pitt.edu/