19 aprile 2024
Aggiornato 09:30
Ricercatore polare sottolinea che occorrono urgentemente nuovi dati

Come si forma ghiaccio del Polo Nord?

Nonostante i rapidi cambiamenti climatici nell'Artico e l'importanza della calotta polare nel regolare il clima, sappiamo ancora relativamente poco sui processi che stanno dietro alla formazione del ghiaccio del Polo Nord

Tra i ricercatori che tentano di approfondire la nostra conoscenza sull'estremo nord, c'è la professoressa Nalân Koç. Originaria della Turchia, la professoressa Koç ha passato la maggior parte della sua vita lavorativa dall'altra parte dell'Europa, dove attualmente guida il Programma sul clima polare presso l'Istituto polare norvegese (NPI) a Tromsø.
In un intervista con il Notiziario CORDIS, la professoressa Koç ha spiegato cosa lei e i suoi colleghi in tutto il mondo stanno facendo per migliorare la nostra conoscenza sul clima polare e affrontare alcune delle più urgenti questioni affrontate oggi dai ricercatori polari.

La professoressa Koç ha posto l'attenzione sul fatto che l'Artico si sta riscaldando molto più in fretta del resto del mondo e che questo avviene in modo sempre più veloce. Una ragione è il circolo positivo di ritorno innescato dalla riduzione della calotta polare. La bianca superficie del ghiaccio riflette gran parte dell'energia solare verso lo spazio. Con lo sciogliersi del ghiaccio, la superficie scura dell'oceano prende il suo posto e assorbe gran parte dell'energia solare in arrivo, causando così un maggiore riscaldamento dei mari e un ulteriore scioglimento dei ghiacci. Più ghiaccio si scioglie, più energia viene assorbita.

Nel suo ultimo rapporto, redatto nel 2007, l'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change - Panel intergovernativo dei cambiamenti climatici) ha previsto la sparizione del ghiaccio artico entro l'estate del 2008. Da allora, sia l'estensione che lo spessore dello strato di ghiaccio polare si sono ridotti drasticamente, costringendo gli scienziati a rivedere le loro previsioni; alcuni ritengono che lo strato di ghiaccio potrebbe sparire in soltanto cinque anni se il tasso di scioglimento continua.

Questo solleva la questione su perché i modelli informatici sul clima non sono riusciti a prevedere questo rapido declino. Infatti, i modelli climatici sono relativamente carenti nel prevedere il clima polare; mentre gran parte dei modelli sono daccordo su quello che succederà oltre i 60 gradi nord (a livello della Scandinavia meridionale), non c'è lo stesso accordo su ciò che succederà più vicino al polo.

«Questo perché i processi del clima artico non sono studiati o capiti allo stesso modo,» ha spiegato la professoressa Koç. La distanza dell'Artico e le condizioni ambientali estreme rendono l'esecuzione di ricerche difficile logisticamente e costose. L'NPI è coinvolto in una serie di iniziative che raccolgono informazioni sull'Artico, incluso il progetto DAMOCLES («Developing Arctic modelling and observing capabilities for long-term environmental studies«), finanziato dall'UE, che sta raccogliendo dati preziosi sull'ambiente artico e sui processi che avvengono sulla superficie oceanica dove il mare, il ghiaccio e l'atmosfera interagiscono tra di loro.

«L'NPI sta lavorando sui processi di superficie ad alte latitudini per potere offrire ai modellatori le formule giuste affinché i loro modelli possano funzionare meglio,» ha detto la professoressa. Tra le altre cose, ha aggiunto, bisogna migliorare la nostra classificazione dei diversi tipi di ghiaccio e neve, e indagare su come essi influiscono sulla riflettività della calotta di ghiaccio. Occorre anche aumentare la conoscenza su come esattamente inizi a crescere il ghiaccio marino e cosa causa il suo sciogliersi.

Quali sono quindi le più urgenti questioni che gli scienziati devono affrontare? In cima alla lista della professoressa Koç c'è l'approfondimento della conoscenza sui processi dei ghiacci e della neve; questo ci aiuterà a migliorare l'accuratezza dei parametri inseriti nei modelli climatici. Al secondo posto c'è il bisogno di ulteriori informazioni sulle dinamiche dei ghiacciai: i ghiacciai dell'Artico si stanno sciogliendo in fretta, mentre quelli dei modelli climatici tendono ad essere statici perché gli scienziati non dispongono dei dati necessari per modellarli adeguatamente.

Un'altra questione importante sul programma della ricercatrice è la Corrente del golfo. I dati indicano che la salinità dell'Oceano Atlantico sta diminuendo e che i fiumi siberiani in futuro scaricheranno sempre più acqua dolce nelle acque polari. Questo cambiamento della salinità probabilmente produrrà degli effetti sulla Corrente del golfo, ma non sappiamo ancora come o quale sarà la soglia.

Tuttavia, mentre i ricercatori raccolgono i dati, l'Artico continua a cambiare. Insieme all'Istituto Alfred Wegener in germania, l'NPI sta studiando i cambiamenti nello stretto di Fram, attraverso cui l'acqua più calda dell'Atlantico fluisce nell'Artico, e l'acqua fredda ne defluisce. «Dal 1984 la temperatura dell'acqua che fluisce nell'Artico è aumentata di 2°C,» ha fatto notare la professoressa Koç, aggiungendo che la temperatura dell'acqua che defluisce dall'Artico è aumentata più o meno allo stesso modo.

Inoltre, durante gli ultimi tre inverni i fiordi dell'arcipelago norvegese Svalbard sono rimasti privi di ghiaccio. Questo cambiamento è avvenuto improvvisamente; negli anni precedenti i fiordi contenevano una buona quantità di ghiaccio. Secondo la professoressa Koç il fenomeno è dovuto ai cambiamenti nella circolazione atmosferica che spinge acqua più calda dall'Atlantico verso i fiordi per tutto l'anno. La sfida è ora di determinare se questo cambiamento è dovuto ai cambiamenti climatici.

I nuclei di ghiaccio e di sedimento possono aiutarci a capire come il clima cambiava in passato. «È necessario effettuare molti monitoraggi per estendere le nostre registrazioni nel futuro,» ha concluso la professoressa Koç.