20 aprile 2024
Aggiornato 01:00
Bolt nella storia

Bolt sconfitto, ma i suoi record rimarranno imbattuti per sempre?

Usain Bolt ci pone di fronte al concetto di limite: ovvero l’hybris greco che il nichilismo moderno rifiuta ossessivamente. Il limite oltre il quale umanamente non è possibile andare, oltrepassato il quale ci si trova in un sistema fuori controllo. Bolt sarà battuto solo da un ibrido uomo-macchina?

LONDRA - Quanto dureranno i record di Usain Bolt? Essi rappresentano il limite umano che non sarà mai più superato? Solo l'interazione uomo-macchina riuscirà ad abbassare quei tempi che, oggi come non mai, pongono Usain Bolt ad un passo dall'Olimpo degli dei? Ieri, nell’ultima gara della sua vita – forse – l'uomo più veloce della storia dell'umanità è stato battuto da uno statunitense Justin Gatlin, trentacinque anni, che ha corso i fatidici cento in 9.92. Usain Bolt, evidentemente ormai privo di stimoli, è giunto terzo con 9.97. I tempi di questa gara riportano le lancette del tempo indietro di venticinque anni. Era dal record di Calvin Smith, dimenticato primatista mondiale del 1983, che i cento non venivano corsi così lentamente. Dopo di lui Ben Johnson, squalificato, Carl Lewis – il figlio vento – e poi una sparuta serie di anonimi che hanno mantenuto il record sui centro metri intorno al 9.8 – 9.9. Tutti, o quasi tutti, caduti nella polvere del doping. 

Un ritiro pulisto, senza doping
Tra il 9.58 del 2008, attuale primato, e il 9.92 con cui ieri Gatlin ha vinto c’è un differenza di almeno sei metri. Stesso discorso vale per la distanza doppia: i duecento metri. Corsi da Usain Bolt in 19.19: l’essere umano a lui più vicino lo rincorre, in una ipotetica gara, da una distanza di dieci metri. Con una caratteristica non da poco: Bolt, a differenza dei molti che lo hanno preceduto – e con lui solo Carl Lewis, anche se al tempo fu chiacchierato anch’egli – si ritira senza la minima macchia di doping. Su di lui non è nemmeno mai calato il sospetto, mentre intorno a lui, nella Giamaica degli uomini jet, il doping impazzava: come testimonia la squalifica inflitta alla staffetta 4x100 lo scorso anno.
«Possono congelare il mio sangue per cinquant’anni», disse nel 2013 Bolt.  Forse per tale ragione, dalla sconfitta di ieri la dimensione umana di Bolt esce addirittura ingigantita, perché lo riporta tra gli esseri umani che lottano fino alla sconfitta. Gli è dispiaciuto quel terzo posto, con un tempo così alto, distante dal fulmine che fu: si vedeva. 

Record imbattibili?
Ma, Usain Bolt, può stare tranquillo. I suoi record rimarranno imbattuti per molti anni, forse per sempre.  Condizione che a lui può far piacere, ma sconvolgente per l'umanità intera. 
Altezza, bilanciamento, allineamento tra anche e spalle, lunghezza braccia, tutto è stato perfetto per rendere Bolt una macchina per la velocità. . Se non bastassero i tempi a testimoniare la differenza tra gli e gli altri, si prenda come parametro le falcate: per coprire i cento metri del record ne ha utilizzate 41. I suoi avversari non si sono mai spinti sotto le 45.  Perfino il suo passato povero, la sua vita miserabile, ha contribuito senza alcun dubbio a dargli una sopportazione della fatica, e del sacrificio, fuori da ogni canone.

Raggiunto il limite umano?
Forse quindi Usain Bolt ci pone di fronte al concetto di limite: ovvero l’hybris che la filosofia moderna rifiuta ossessivamente. Il limite oltre il quale umanamente non è possibile andare, oltrepassato il quale ci si trova in un sistema fuori controllo. Da Prometeo all’infelice mostro di Mary Shelley, il superamento del limite è sinonimo di distruzione e penitenza. Ma non oggi: pensare che quei tempi sui cento e duecento saranno così per sempre scatena ansie. Perché?
Oggi la travalicazione di ogni limite, di ogni confine, è divenuta la norma, e l’accezione positivista che avevano i greci dell’hybris giace nella polvere: vero ed unico disvalore da non seguire. Eppure quei cento metri, per non parlare dei duecento, potrebbero essere il segno di un limite umano, oltrepassabile solo attraverso una nuova biologia, un nuovo reame che compenetra la natura con la tecnica.  Il mondo dei grandi affari, il mondo delle mega multinazionali che impongono i vincitori negli sport più popolari dà ampi segni di insofferenza verso il concetto di limite. Bolt è simpatico, fa vendere molto, ma prima o poi i suoi record dovranno andare in pensione per forza di mercato. Un esempio? Il tentativo, da parte della Nike, di abbattere il muro delle due ore sulla maratona attraverso un esperimento tecnico scientifico che non è andato a buon fine. Qualcosa che il mondo dello sport vero, ma l’hybris con quello di farlocco è sempre più sottile, non avrebbe nemmeno riconosciuto. Ma che se fosse riuscito sarebbe divenuto l’unico parametro di confronto vero.