19 aprile 2024
Aggiornato 21:30
Brexit e immigrazione

Corbyn shock: «L'immigrazione di massa un disastro per i lavoratori britannici»

E' un Jeremy Corbyn che non ti aspetti, quello che dichiara apertamente, senza troppi giri di parole, che una delle conseguenze dell'immigrazione di massa è stata quella di distruggere le condizioni di lavoro dei britannici, sostituendo con manodopera sottopagata i lavoratori locali

LONDRA – E' un Jeremy Corbyn che non ti aspetti, quello che dichiara apertamente, senza troppi giri di parole, che una delle conseguenze dell'immigrazione di massa è stata quella di distruggere le condizioni di lavoro dei britannici, sostituendo con manodopera sottopagata i lavoratori locali. A vantaggio, unicamente, delle imprese. Affermazioni forti, quelle di Corbyn, che sono risultate indigeste agli stessi laburisti, al punto che molti lo hanno accusato di essere «ukippista», cioè dell'Ukip, partito anti-immigrazione schierato per il Leave durante la campagna sulla Brexit.

Mercato unico
Il leader del Labour, durante il programma televisivo di Andrew Marr, è stato incalzato sul controverso tema dell’immigrazione. E ha ribadito la sua convinzione che la Gran Bretagna debba lasciare il mercato unico, argomentando che «il mercato unico dipende dall’adesione all’UE… le due cose sono inestricabilmente legate».

Commercio senza dazi
Una posizione forte, dunque, sulla Brexit da parte del leader della sinistra britannica, che sostiene invece un «accesso al libero commercio senza dazi». Il suo compagno di partito Chuka Umunna, al contrario, in Parlamento ha tentato di far restare la Gran Bretagna nel mercato unico, sostenendo che il 66% dei membri del Labour vogliono rimanere.

Immigrazione e dumping salariale
Corbyn, però, è stato piuttosto chiaro, e ha anche usato un linguaggio particolarmente diretto, che raramente gli abbiamo sentito usare, specialmente nei riguardi dell'immigrazione. Sotto accusa per aver innescato un meccanismo di dumping salariale, a discapito dei lavoratori britannici. Il leader del Labour ha spiegato che anche dopo l’uscita dall’Unione europea, comunque resterebbero lavoratori europei in Gran Bretagna e viceversa. Ma ha puntualizzato: «Quella che cesserebbe sarebbe l’importazione all’ingrosso di lavoratori sottopagati dall’Europa centrale, per distruggere le condizioni del lavoro, in particolare nel settore edile».

Basta ai lavoratori dell'Europa centrale
Corbyn ha dichiarato la sua volontà di proibire alle agenzie di pubblicizzare offerte di lavoro nel mercato britannico in Europa centrale, chiedendo loro invece di «pubblicizzarle prima nella loro zona». Un'idea basata sul cosiddetto «modello Preston», che punta a dare la priorità alle imprese locali per i contratti del settore pubblico, modello messo fuori gioco dalle norme dell'Ue, che lo considerano colpevole di attuare una forma di discriminazione.

Professionalità
Secondo il leader laburista, tuttavia, bisognerà fare in modo che, in futuro, i lavoratori stranieri si rechino in Gran Bretagna «in base ai posti di lavoro disponibili e alla loro capacità di svolgerli». E ha puntualizzato: «Quello che non permetteremmo più è questa pratica delle agenzie, svolta in modo piuttosto vergognoso – reclutare forza lavoro a salario basso e portarla qui, per licenziare la forza lavoro già esistente nell’industria edile, e poi sottopagarla». E ha commentato: «È spaventoso, e le uniche a trarne vantaggio sono le imprese».

Europa sì o no?
Un governo da lui guidato, ha proseguito Corbyn, «garantirebbe il diritto dei cittadini dell’Ue a rimanere qui, incluso il diritto al ricongiungimento familiare», e spererebbe in una disposizione reciproca da parte dell’UE per i cittadini britannici all’estero. Quando il giornalista gli ha chiesto se, avendo in passato votato contro i precedenti trattati dell'Ue, come Maastricht, avesse mai simpatizzato per gli euroscettici, Corbyn ha specificato di essere contrario a un «mercato libero senza regole in Europa», ma si è anche espresso positivamente riguardo agli aspetti «sociali» dell’Ue, come il sostegno ai diritti dei lavoratori. Tuttavia, non ha apprezzato il divieto di dare aiuti di Stato all’industria.