19 marzo 2024
Aggiornato 11:30
E’ sempre più vicino alla nomination repubblicana

Il mondo secondo Donald Trump

E’ ormai il più papabile candidato repubblicano in lizza per la Casa Bianca, nonché il più contestato, il più politicamente scorretto, il più temuto, il più scomodo per l’establishment. Ma Donald Trump è a un passo dal conquistare l’America. Come sarebbe il mondo sotto il presidente dello showbiz?

Il candidato repubblicano Donald Trump.
Il candidato repubblicano Donald Trump. Foto: Shutterstock

NEW YORK – Dopo un Super Martedì che ne ha cristallizzato il vantaggio, Hillary Clinton, ex first lady ed ex segretario di Stato, e Donald Trump, miliardario businessman proveniente dal dorato mondo dei reality show, si preparano a contendersi la poltrona più prestigiosa del pianeta. Una sfida che contrappone - come già abbiamo avuto modo di sottolineare -  due profili del tutto diversi sotto molti aspetti, a cui si associano, dunque, ricette del tutto differenti per l’America e il mondo intero. Perché, si sa, il presidente degli Stati Uniti ha una privilegiata voce in capitolo non solo sul destino degli States, ma su quello di tutto il pianeta. A questo proposito, Trump l’ha già promesso: renderà l’America di nuovo grande; cosa che – ha detto nel discorso di martedì, rispondendo a Hillary – la sua rivale democratica non è riuscita a fare nei suoi anni di servizio al Pentagono. Ma cosa ha in mente, nel concreto, Donald per il futuro del resto del globo? Qual è il mondo secondo Trump?

Israele
Sulla crisi mediorientale, il miliardario dal parrucchino ossigenato non si è mai sbilanciato più di tanto. Il mese scorso, durante un forum in South Carolina, alla domanda riguardo le responsabilità di israeliani e palestinesi per il fallimento dei negoziati, Trump ha preferito tergiversare: «Consentitemi di rimanere neutrale, ragazzi... Non voglio dire di chi sia la colpa. Non penso aiuterebbe», ha risposto.  Una posizione apparentemente diplomatica ma difficile da sostenere, la sua, vista la tradizionale alleanza tra gli Stati Uniti e Israele. La convinzione di Trump è che non paghi affatto dichiararsi totalmente pro-Israele come forse gli elettori repubblicani si aspetterebbero da lui, perché toglierebbe al futuro presidente un certo potere negoziale. Assoluto riserbo sulla sua posizione, dunque? Non proprio. Perché l'aspirante presidente, palesemente contraddicendosi, ha poco dopo aggiunto: «Detto questo, sono completamente pro-Israele». Tuttavia, i segnali rimangono contrastanti: soprattutto quando si parla della simpatia di Trump verso gli ebrei. Non devono aver deposto troppo a favore di questa tesi le parole di  Louis Farrakhan, religioso statunitense leader della Nation of Islam: «Trump è l’unico che di fronte alla comunità ebraica abbia detto: ‘Non voglio che i vostri soldi controllino i politici americani’». Sulla questione, dunque, come si vede le ambiguità si sprecano.

Russia
Trump non ha mai fatto mistero di apprezzare il presidente russo Putin. Qualche mese fa, ha addirittura dichiarato che con lui andrebbe d’accordo, a differenza di Obama. Dal canto suo, Putin ha definito il candidato repubblicano una persona «brillante e talentuosa», l’assoluto dominatore della corsa alla Casa Bianca. «E’ sempre un grande onore ricevere complimenti così graditi da un uomo così rispettato nel suo Paese e fuori», ha risposto Trump. Che ha peraltro aggiunto: «Ho sempre pensato che la Russia e gli Usa dovrebbe essere in grado di lavorare bene insieme per sconfiggere il terrorismo e portare la pace nel mondo, per non parlare del commercio e di tutti gli altri benefici derivanti dal rispetto reciproco». Un’affermazione in netta controtendenza con l’attuale politica di Stati Uniti e Nato, che stanno guidando una vera e propria escalation in funzione anti-russa. Non solo: Trump ha anche sostenuto che sarebbe stato opportuno lasciare a Mosca la guerra in Siria, e averla come alleata nella lotta all’Isis. Peccato che martedì scorso il candidato abbia annunciato la volontà di creare una «safe zone» proprio in Siria, cosa che potrebbe portare gli Stati Uniti a scontrarsi direttamente con Putin. Repentino cambio di strategia?

Messico, Cina e commercio
Trump non ha dubbi: dall’alto della sua esperienza come businessman, sarebbe anche il presidente più abile a ripristinare la grandezza dell’economia americana. E questo significa, a suo avviso, recuperare il vantaggio commerciale cumulato da Paesi quali Cina, Giappone e Messico. Quanto a quest’ultimo, la frontiera verrebbe bloccata con un muro, che, nei piani di Trump, sarebbe interamente pagato dal vicino, anche a costo di ingaggiare una vera e propria guerra commerciale nei suoi confronti. Con il dragone cinese, poi, l’intenzione è quella di ribilanciare il deficit commerciale e stringere nuovi accordi. Trump, tra le altre cose, ha anche promesso di abolire l’accordo sul nucleare con l’Iran, considerato dall'amministrazione Obama uno dei propri massimi risultati.

Isis, Libia e Iraq
Trump è stato lungamente accusato dai media americani di non avere un piano per sconfiggere l’Isis. Il candidato si è difeso sostenendo di avere, invece, un progetto ben preciso, ma di non volerlo rivelare ai terroristi. Ha poi anticipato, sotto pressione, che punterebbe a distruggere la capacità dello Stato islamico di controllare le riserve di petrolio in Iraq e Siria, bombardandoli alla massima potenza e facendo esplodere condotti e raffinerie. Trump ha appena promesso di rendere l’esercito degli Stati Uniti ancora più forte ed efficiente di prima. Le sue dichiarazioni particolarmente aggressive e le sue ricette a base di «portare via le famiglie dei terroristi» si sono spinte al di là di quelle di qualunque altro candidato repubblicano. Affermazioni che, unito al piano ad oggi interventista di Trump per la Siria, sono sembrate in qualche modo in contraddizione con la sua condanna delle passate avventure americane in Iraq o in Libia. «Se oggi avessimo Saddam o Gheddafi al posto di questi terroristi dappertutto, non staremmo tutti bene?», ha dichiarato. Una «prudenza» che il suo predecessore repubblicano avrebbe dovuto a suo avviso mostrare, ma che il Trump presidente di domani, a quanto pare, non avrebbe alcuna intenzione di mettere in pratica.