«Contro Trump», l'attacco del National Review al candidato USA
Nell'editoriale, il National Review spiega che Trump «non merita il sostegno dei conservatori nei caucus e nelle primarie. Trump è un opportunista politico che farebbe a pezzi l'ideologia conservatrice del Grand Old Party in favore di un populismo fluttuante».
NEW YORK - Il magazine conservatore più letto negli Stati Uniti, il National Review, ha pubblicato oggi un'edizione speciale contro la campagna presidenziale di Donald Trump, a dieci giorni dai caucus dell'Iowa, il primo febbraio, che apriranno la corsa alle nomination del partito repubblicano e di quello democratico, in vista delle elezioni presidenziali dell'8 novembre.
«Against Trump» - 'contro Trump' - è il titolo che campeggia sulla copertina: un manifesto contro Trump, sottoscritto da un nutrito numero di giornalisti e analisti conservatori, che hanno spiegato che il magnate dell'immobiliare provocherebbe danni irreparabili al partito e al conservatorismo.
Tra gli esponenti che si sono espressi contro Trump, figurano influenti commentatori radiofonici come Glenn Beck, Michael Medved e Erick Erickson, giornalisti e analisti politici come Bill Kristol e John Podhoretz e noti volti televisivi come Dana Loesch e Katie Pavlich.
Trump è un opportunista politico
Nell'editoriale, il National Review spiega che Trump «non merita il sostegno dei conservatori nei caucus e nelle primarie. Trump è un opportunista politico che farebbe a pezzi l'ideologia conservatrice del Grand Old Party in favore di un populismo fluttuante». Le sue «opinioni politiche hanno oscillato molto. Ha sostenuto l'aborto, le regole sulle armi, un sistema sanitario alla canadese (single payer, ovvero con le spese sostenute dallo Stato federale, ndr) e tasse punitive per i ricchi. Da quando ha dichiarato la sua candidatura si è allineato su idee più conservatrici, ma ci sono enormi falle».
Il National Review ha poi criticato le sue posizioni contro l'immigrazione, centrali nella sua campagna elettorale, in particolare «l'assurdità» di voler espellere gli 11 milioni di immigrati irregolari, con spese e difficoltà organizzative «oltre le capacità del governo federale», per poi permettere a quelli che hanno condotto una vita onesta di tornare negli Stati Uniti.
Una minaccia per il conservatorismo americano
Certamente, il magazine non ha un'opinione migliore di Trump grazie alle sue considerazioni sulla politica estera, visto che lo considera un «nazionalista confuso». Le sue idee sono quelle «di un businessman mediamente ben informato: Washington è piena di problemi, io li risolvo, lasciateli a me. La sua ossessione è 'vincere', a prescindere da cosa voglia dire». Poi, una critica a entrambi i partiti: «Dal 1984, quando Jesse Jackson si candidò senza credenziali, se non un'enorme quantità di parole, entrambi i partiti sono stati infestati da candidati che hanno trattato la presidenza come un lavoro di basso livello. Sono le escrescenze di una cultura mediatica che vuole un successo immediato, ma il peso e la complessità della leadership sono speciali e l'esperienza in altri campi non è trasferibile. Per questo tutti i presidenti americani sono stati politici o generali». Trump, ha concluso l'editoriale, «è una minaccia per il conservatorismo americano».
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