Aung San Suu Kyi porge un ramoscello di ulivo ai militari
La vittoria di Aung San Suu Kyi e della sua Lega nazionale per la democrazia (Lnd) nelle elezioni di domenica potrebbe assimure dimensioni che vanno al di là delle più rosee aspettative della premio Nobel per la pace
ROMA - La vittoria di Aung San Suu Kyi e della sua Lega nazionale per la democrazia (Lnd) nelle elezioni di domenica potrebbe assimure dimensioni che vanno al di là delle più rosee aspettative della premio Nobel per la pace. E così la leader si è preoccupata oggi di mandare un messaggio rassicurante ai militari, invitando lo stato maggiore e il presidente uscente Thein Sein a un incontro di «riconciliazione nazionale». Dal fronte dell'ex giunta, che l'ha tenuta per 15 anni agli arresti domiciliari, è arrivata una risposta altrettanto morbido: il governo lascerà «pacificamente» il potere in linea con le scelte del popolo.
Numeri importanti
Sono passaggi delicati, quelli che attendono Aung San Suu Kyi e i suoi uomini dopo che la vittoria sarà sancita e si capiranno le precise dimensioni della stessa. L'entusiasmo dimostrato domenica, il giorno del voto, dagli elettori che si sono messi in fila a votare, aveva già fatto capire che la Lnd avrebbe avuto numeri importanti. A oggi, nel primo voto considerato libero in un quarto di secolo, i dati definitivi non sono ancora disponibili. Ma per il 90 per cento dei seggi già assegnati sono appannaggio degli uomini di Aung San Suu Kyi. Tra gli eletti, lei stessa.
Incertezze
Questo non vuol dire che i giochi siano fatti. Le incertezze restano tutte. La Lnd, per poter governare da sola, dovrà ottenere il 67 per cento dei voti per i quali è previsto il voto popolare, dato che gli stati maggiori militari continuano a mantenere il diritto di nominare un quarto del parlamento. Poi c'è l'enorme incognita costituzionale. La legge fondamentale fatta approvare da una costituente fantoccio voluta dai militari alcuni anni fa impedisce alla leader democratica di ascendere al ruolo di presidente perché è stata sposata con un cittadino britannico e ha due figli con lo stesso passaporto. Lei ha già sfidato i militari, pochi giorni prima del voto, chiarendo che sarà «sopra il presidente», il quale dovrà prendere ordini dal partito.
Maturazione
Tuttavia, la leader democratica sa di non poter tirare troppo la corda. Il ricordo del 1990, quando stravinse le elezioni, ma fu relegata agli arresti domiciliari dai militari che assunsero il potere instaurando un duro regime, è ancora fresco. Rispetto a quei tempi, come politica, Aung San Suu Kyi è maturata, non è più solo un simbolo, la figlia «straniera» del fondatore della Birmania indipendente, ma una navigata donna che sa come gestire il potere. Lo dimostrano vari segni, come quella visita a giugno di quest'anno a Pechino, che sorprese alcuni osservatori e sostenitori della prima ora.
Rapporti con la Cina
La Cina è un fondamentale partner commerciale di Myanmar ed è stata la copertura più importante del regime birmano. Aung San Suu Kyi da tempo è consapevole che la via per conquistare Yangon passa anche per Pechino. Questo spiega il perché abbia avuto, negli ultimi anni, una certa prudenza nell'incrociare i passi con un altro premio Nobel per la pace, quel Dalai Lama tibetano che la Cina vede come un nemico giurato. E perché a giugno sia andata nella Repubblica popolare e incontrare il presidente Xi Jinping e il premeir Li Keqiang. E' stata accolta come un capo di stato, non a caso. In effetti la Repubblica popolare sembrava un sostenitore meno entusiasta del governo USDP filo-militare del presidente Thein Sein. In primo luogo i conflitti etnici che si svolgono presso i suoi confini sono un problema per i commerci e per i grandi progetti infrastrutturali che la Cina ha nella regione. I militari non hanno alcuna chance di risolvere la questione. Aung San Suu Kyi, per quanto sia complesso, ha qualche possibilità in più per la sua storia familiare e personale. Poi ci sono i piani di Pechino di costruire vie di comunicazione per uomini e merci per miliardi di dollari. Si tratta di progetti che richiedono una certa pace sociale tra le popolazioni interessate e Aung San Suu Kyi è oggi la monopolista del consenso nel paese. Infine, in una logica di confronto tra Pechino e Washington, la Cina ha voluto chiarire che «Amay» Suu ("Madre Suu») non potrebbe essere una pedina in mano all'America.
Vittoria della democrazia
Così oggi Aung San Suu Kyi ha fatto la sua mossa. «I cittadini hanno espresso la loro volontà alle elezioni», ha scritto Aung San Suu Kyi in una lettera indirizzata ai tre dirigenti birmani. «Vorrei invitarvi - ha aggiunto - a discutere la prossima settimana di riconciliazione». La risposta del regime non si è fatta attendere. «Come governo, noi ci atterremo alle scelte degli elettori e trasferiremo il potere pacificamente», ha detto il ministro dell'Informazionwe Ye Htut. E' il primo comunicato ufficiale dell'esecutivo birmano in cui viene evocata la vittoria elettorale di Aung san Suu Kyi. «La Lega nazionale per la democrazia ha vinto in numerosi collegi, ci congratuliamo», continua il comunicato, precisando che «discussioni» avranno luogo dopo la pubblicazione dei risultati definitivi. La strada da percorrere fino ad avere un nuovo governo, a febbraio, è lunga.
(Con fonte Askanews)