19 aprile 2024
Aggiornato 03:00
2.000 persone tratte in salvo ieri da Malysia e Indonesia

8.000 migranti alla deriva in mezzo al mare, è allarme nel Sud-Est asiatico

Migliaia di migranti, provenienti perlopiù da Birmania e Bangladesh, sono stati abbandonati in mare dagli scafisti, senza cibo e senza acqua, e rischiano di morire se le autorità dei Paesi del Sud-Est asiatico non interverranno in loro soccorso.

LANGKAWI (Malaysia) (askanews) - Migliaia di migranti, provenienti perlopiù da Birmania e Bangladesh, sono stati abbandonati in mare dagli scafisti, senza cibo e senza acqua, e rischiano di morire se le autorità dei Paesi del Sud-Est asiatico non interverranno in loro soccorso. E' quanto hanno dichiarato oggi organizzazioni per i diritti umani e le Nazioni Unite, all'indomani del salvataggio in mare di quasi 2.000 persone da parte di Malaysia e Indonesia.

8000 persone alla deriva da Birmania e Bangladesh
Secondo l'associazione Arakan Project, che si batte per i diritti della minoranza musulmana Rohingya, sarebbero circa 8.000 le persone alla deriva. L'associazione ha detto di aver parlato con alcuni migranti a bordo di una nave lasciata alla deriva da scafisti tailandesi non lontano dalle coste di Tailandia e Malaysia; sarebbero 350 le persone a bordo, tra cui donne e bambini. «Ci hanno detto che non hanno avuto nè cibo nè acqua negli ultimi tre giorni. Hanno chiesto di inviare subito i soccorsi», ha detto il fondatore del gruppo, Chris Lewa.

Vertice regionale in Thailandia il 29 maggio
Di fronte a questa crisi «senza precedenti», la Thailandia ha annunciato per il prossimo 29 maggio un vertice regionale. Proprio la nuova politica adottata da Bangkok per reprimere il traffico di esseri umani, a seguito della scoperta di diverse fosse comuni nella giungla, avrebbe spinto i migranti a ricorrere alla traversata in mare. Solitamente, infatti, i migranti in fuga da Birmania e Bangladesh attraversano il Sud della Thailandia per raggiungere così Malaysia e Indonesia. Si tratta di persone in fuga non solo dalla povertà, ma anche dalla violenza, soprattutto perchè appartenenti alla minoranza musulmana Rohingya, ritenuta dall'Onu come una delle comunità più perseguitate al mondo. 

I governi azionino le proprie navi e i propri satelliti
«Serve uno sforzo regionale. Noi non abbiamo le capacità per le ricerche», ma i governi «hanno navi e satelliti», ha detto alla France presse Joe Lowry, portavoce a Bangkok dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). I migranti «potrebbero essere in cattive condizioni, e rischiare di morire» se non si interviene subito, ha aggiunto. «Secondo i superstiti c'è molto poco cibo e poca acqua già alla partenza", ha detto Vivian Tan, portavoce dell'Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr). "E se sono là fuori da settimane o mesi, si teme possano essere gravemente malati», ha aggiunto. Per Steven Hamilton, della missione indonesiana dell'Oim, individuare le barche alla deriva «non è come trovare un ago in un pagliaio, ma come trovare un ago in un pagliaio di aghi», a causa dell'intenso traffico marittimo della regione.