Un saluto ai giovani ministri degli affari esteri
Ecco le mie esperienze, raccolte nella diplomazia lungo un periodo storico che va da Mātyās Rākosi a Orbān Viktor. Mi dicono che non dobbiamo considerare la giovane etā (36 anni) del nostro nuovo ministro degli affari esteri Peter Szjjarto come un disastro, perchč potrebbe aiutare a stabilire un partenariato e nuove collaborazioni strategiche nell’Europa attuale.
ROMA - Le mie esperienze raccolte nella diplomazia lungo un periodo storico che va da Màtyàs Ràkosi a Orbàn Viktor dicono che non dobbiamo considerare la giovane età (36 anni) del nostro nuovo ministro degli affari esteri Peter Szjjarto come un disastro, perchè potrebbe aiutare a stabilire un partenariato e collaborazioni strategiche nell’Europa attuale.
Per esempio potrebbe facilmente trovare parole comuni con altri ministri colleghi della sua generazione, prima di tutto la signora Federica Mogherini, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell'Unione Europea, come anche con il signor Sebastian Kurz, ministro austriaco anche nell’interesse di un cambiamento paradigmatico che sembra sempre più necessario. Usando questa nozione utilizzata nel linguaggio scientifico penso a tutti gli elementi essenziali del sistema dei rapporti internazionali attuali.
Nella storia europea un cambiamento paradigmatico che la Santa Alleanza introduceva nell’anno 1815 si estendeva sull’insieme dei rapporti essenziali. Uno dei grandi creatori dell’ordine nuovo era Talleyrand, che entrava alla diplomazia francese all’età di 35 anni. Cento anni dopo avevano solo 31-32 anni Eduàrd Benes e Tomàs Masaryk, i due cechi quando nel 1915 convincevano il pilota-generale di cittadinanza ungaro-francese ma di identità slovacca Milan Stefanik di 35 anni a introdurre insieme negli ambienti decisionali delle potenze centrali della prima guerra mondiale il concetto della distruzione della Monarchia Austro-Ungarica e la conseguente creazione di uno stato Cecoslovacco composto da popoli che nella storia non avevano mai vissuto insieme, uno stato Jugoslavo composto da cattolici, ortodossi e musulmani, una Romania della quale neanche il nome esisteva nella storia europea ridisegnando la carta geopolitica di quasi tutta Europa. Naturalmente dietro si nascondeva la massoneria, espressione della forza finanziaria dell'epoca, il panslavismo, il sentimento nazionale dei cechi, l’avidità coloniale francese ed anche altri fattori.
I cambiamenti paradigmatici del dopoguerra sono rimasti in vigore fino ai nostri giorni, nel senso che da una parte continuava a reggere il principio vae victis, in altre parole nessuno ha chiesto ai popoli in quale stato desiderano vivere. D’altra parte si aggiungeva sul livello della politica interna in tutta Europa la forza primordiale dei partiti politici nati a cavallo dei due secoli con l’ambizione dell’occupazione dello stato.
Ma nel ventre della storia nascevano cambiamenti come l’abolizione del colonialismo o piuttosto il suo cambiamento in neocolonialismo, solamente in Africa con 50.000 chilometri di confine artificiale con conseguenze di guerre e genocidi, invasione dell’ Europa con profughi e rifugiati. Entrano in vita correzioni del paradigma, che lo indeboliscono ogni giorno. I piu importanti sono l’unificazione della Germania, la disgregazione del sistema mondiale del comunismo, con la nascita di stati nuovi, la separazione dei cechi e slovacchi, come anche dei popoli nella penisola balcanica. Ci sono rivolte come in Ungheria nel 1956. Ma dappertutto rimangono ancora popoli, considerati come nazionalità minoritaria sotto l’oppressione di poteri nazionalisti, dietro ai quali sempre si possono trovare partiti politici con ambizioni oscure. Le minoranze inseguono ancora invano la democrazia tramite plebiscito, come in Scozia o in Ucraina, ma prende forma nei pensieri di tutti l’unica uscita ragionevole: la ricerca del compromesso.
Emergono dal paradigma esistente due nuovi principi: l’autodeterminazione dei popoli ( e non degli stati) e un parlamento veritabilmente popolare che funziona con la partecipazione dei grandi gruppi sociologici, delegati di occupazioni, categorie, professioni e occupa il posto dei parlamenti basati sulla omnipotenza dei partiti politici ( veramente gruppi sociologici con l’unico scopo di dirigere la vita di tutti nel vivere bene) che sembrano sempre di più vetusti e ridicoli.
Quando i due principi entrano nella vita pratica possiamo parlare del nuovo paradigma. Lo scopo si delinea, ma la strada è lunga.
Le condizioni sono interessanti, perchè molte cose considerate per secoli immutabili , come il ruolo del Papa , cambiano e si designa un nuovo periodo storico. Potrebbe essere importante il ruolo di Federica Mogherini, proveniente dall’organizzazione giovanile che si dichiara come continuatrice dell’eredità di Enrico Berlinguer, personalità storica che ha portato colpi di piccone importanti al paradigma con l’eurocomunismo e al compromesso storico. Come il ruolo di Sebastian Kurz che può continuare l’enorme sapienza di una diplomazia secolare della monarchia, ed anche a noi ungheresi non mancano le esperienze.
Il giovane ministro ungherese in una delle prime dichiarazioni diceva: «Gettiamo definitivamente le basi per il fondamento della nuova politica estera ungherese.» Non ho sentito ancora nulla sul contenuto ma forse abbiamo idee simili.
La diplomazia è l'arte delle possibilità.
Hic Rhodus, hic salta!
Dr. György Misur (ex Ambasciatore Ungherese in Italia)
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