19 aprile 2025
Aggiornato 03:30
La protesta degli indignati provoca reazioni

La rivolta dei ricchi USA: ora basta farsi accusare

L'1 per cento sotto accusa va alla carica e lancia un'offensiva mediatica per dire agli americani che attaccare i ricchi non è giusto. «Chi se ne frega degli imbecilli» di Occupy, dice un miliardario. Più tasse? «No, già ora paghiamo più che nel Medio Evo»

NEW YORK - Lo slogan più scandito dagli indignati americani di Occupy Wall Street è We are the 99 percent, noi siamo il 99 per cento. Il nemico è l'1 per cento di ultra-ricchi che hanno visto stipendi e patrimoni crescere nell'ultimo decennio molto più della media. Ma adesso proprio l'1 per cento sotto accusa va alla carica e lancia un'offensiva mediatica per dire agli americani che attaccare i ricchi non è giusto, perché creano le aziende che assumono e perché «creano i prodotti che riempiono gli scaffali a Natale». Queste le parole testuali di una lettera che Leon Cooperman, gestore di un hedge fund ed ex top manager di Goldman Sachs, ha inviato al presidente Obama il mese scorso.

Cooperman non è solo nella difesa dei miliardari. Jamie Dimon, capo di JPMorgan Chase e forse il banchiere d'affari più potente di Wall Street, 23 milioni di compenso l'anno scorso, ha detto di non capire perché «tutti quelli che hanno successo e sono ricchi devono essere cattivi. A volte ci sono le mele marce, e diamo la colpa a tutti».
Più esplicito Bernard Marcus, cofondatore di Home Depot, la più grande catena del fai da te, per il quale i ricchi che non si difendono in pubblico «meritano quello che si beccano». Ma così non ha paura di farsi prendere di mira?, gli ha chiesto un cronista di Bloomberg News. «E chi se ne frega di qualche imbecille!» ha risposto l'82enne magnate.

L'1 per cento al vertice dei redditi Usa ha guadagnato almeno 344.000 dollari nel 2009, l'ultimo anno per cui i dati del gettito fiscale sono disponibili. Dal 1979 al 2007, secondo l'ufficio bilancio del Congresso, il reddito medio delle famiglie è salito del 62 per cento, ma quello dell'1 per cento al top di oltre il 300. E di conseguenza negli Usa l'ineguaglianza dei redditi è più alta che in Cina o in Iran: lo dice la fonte più autorevole che c'è, il Libro dei Fatti pubblicato dalla Cia.
Non bastano questi numeri per Tom Golisano, che ha fatto fortuna con la società di gestione buste paga Paychex. «Se sento un'altra volta un politico usare la frase «pagare il giusto», io vomito», ha detto il miliardario a Bloomberg News mentre andava a festeggiare il 70esimo compleanno insieme alla fidanzata Monica Seles, l'ex tennista 38enne. Nemmeno Peter Schiff, a.d. della società di brokeraggio Euro Pacific Capital, patrimonio almeno 65 milioni di dollari, vuole pagare di più: già adesso, dice, «pago di tasse più di quello che un signore medievale prendeva ai servi della gleba».
Dichiarazioni come questa piacciono ai colleghi miliardari, almeno a sentire Cooperman, l'ex di Goldman. Il quale ha raccontato sempre a Bloomberg che quando va a pranzo al suo country club, l'esclusivo St. Andrews a Boca Ratoin in Florida, ogni volta si alzano in tanti a ringraziarlo per aver parlato.