19 aprile 2024
Aggiornato 12:00
La rivoluzione in Libia

Donne libiche in prima fila nella rivolta, rispettando la tradizione

Dei 13 membri della coalizione della rivoluzione, tre sono donne. L'esuberanza delle manifestanti non ha nulla da invidiare a quella degli uomini

BENGASI - Najah Kablan prepara le bandire della rivoluzione libica e, come lei, tante altre donne sono in prima fila nella mobilitazione popolare contro il leader Muammar Gheddafi, ma rimanendo fedeli al ruolo assegnato alla donna da una società di fatto conservatrice. «Faccio la mia parte», spiega Najah Kablan, insegnante di inglese, velata come la grande maggioranza delle libiche.

«Raccogliamo gli slogan inventati dalla gente per stamparli sui manifesti da esporre in strada. Ci sono anche i miei due figli, lavoriamo in famiglia», aggiunge la donna, incontrata dalla France presse in una sala del tribunale di Bengasi trasformata nella sede della rivolta. Sulle scalinata dal tribunale ci sono altre donne, separate dagli uomini. «Portiamo acqua e cibo ai manifestanti», dice Najwa al Tir, una ragazza velata che indossa l'uniforme dei volontari. «Resteremo qui fino a quando Gheddafi non se ne andrà, 42 anni sono sufficienti, vogliamo la libertà!», aggiunge.

«I miei genitori mi hanno incoraggiato ad aderire al movimento», ha detto un'altra ragazza, Zoha al Mansouri, studentessa di inglese e figlia unica. «Non credo che il rapporto tra uomini e donne cambierà dopo la caduta del regime», aggiunge.

«Dei 13 membri della coalizione della rivoluzione, tre sono donne, di cui due non velate», dice Hanaa el Gallal, uno dei portavoce della rivolta, con il velo che lascia intravedere i capelli. «Con gli uomini abbiamo pianto insieme, condiviso i successi - racconta Hanaa, giurista specializzata in diritto internazionale e in diritti umani - ma all'esterno, visto che siamo musulmani, gli uomini tengono a proteggere le donne, come i bambini».

L'esuberanza delle manifestanti non ha nulla da invidiare a quella degli uomini. «Gheddafi è un gran bugiardo, non lo vuole nessuno - dice con veemenza Fatma al-Madgoubsi, commentando le dichiarazioni del leader libico secondo cui i suoi oppositori sarebbero solo dei gruppi isolati - che vada in Israele, non ha più nulla da fare in questo Paese».

Di fatto, nessuna donna libica riconosce al colonnello il merito di aver sostenuto i diritti delle donne sotto il suo regime. «Lo ha fatto solo per portar caos nella società, è così che ha sempre agito», accusa Hanaa el-Gallal. «Le nostre madri indossavano abiti corti - aggiunge questa donna di 40 anni, divorziata e madre di due bambini - ma dal momento che Gheddafi è andato troppo oltre nell'apertura della società, abbiamo deciso di portare il velo». «Il 'Libro verde' dice molte cose molto piacevoli sulle donne - ammette Hanaa el-Gallal - ma sono rimaste inapplicate».