Emergency, la diplomazia gioca le sue carte
Le autorità afgane continuano a smorzare i toni. 007 in posizione di attesa. Sul «complotto» nessuna ipotesi esclusa
KABUL - Mentre le autorità afgane continuano a smorzare i toni sull'arresto dei tre operatori di Emergency a Lashkar Gah, nessuna delle ipotesi al vaglio degli inquirenti locali è stata ancora scartata. E' in prima battuta il Mae, attraverso l'ambasciata italiana a Kabul, a trattare un arresto che Gino Strada ha definito «sequestro». «Vi erano altre quattro persone che erano state trattenute in un primo momento, ma sono intervenuto con i ministri degli Esteri e dell'Interno afgani e abbiamo ottenuto che queste persone avessero il permesso di lasciare il paese», ha confermato ieri Franco Frattini.
Il ministro ha disposto la partenza di un suo inviato, l'ambasciatore Iannucci, e di un consigliere giuridico, che dovrebbero arrivare in Afghanistan domani o giovedì, per garantire assistenza a Marco Garatti, Matteo Dell'Aira e Matteo Pagani Guazzabugli Bonaiuti. Le indagini per capire se ed eventualmente come i tre siano rimasti coinvolti nel presunto complotto per uccidere il governatore di Helmand sono ancora in una fase iniziale.
Sullo sfondo di questa vicenda restano i dubbi sui presunti collegamenti tra l'arresto dei tre operatori di Emergency e i sequestri nel 2006 e nel 2007 di Gabriele Torsello e Daniele Mastrogiacomo: seppure al momento siano ritenuti poco credibili, rimangono al centro dell'indagine condotta dalle autorità di Kabul. In entrambi i casi, Emergency assunse un ruolo da protagonista a seguito del negoziato condotto da Rahmatullah Hanefi per il loro rilascio. E proprio la mediazione di Emergency e il ruolo svolto da Hanefi sono ritenute ancora oggi come il principale motivo di attrito tra l'ong e i servizi segreti afgani. Emergency e Gino Strada giurano sulla loro estraneità ai fatti contestati e parlano apertamente di un complotto, mentre i servizi segreti di Kabul intendono capire come «pistole, giubbotti esplosivi, radio e altro equipaggiamento» possano essere finiti in un magazzino dell'ospedale dell'ong a Lashkar Gah senza che i tre italiani arrestati ne sapessero nulla. E secondo fonti di Apcom non si esclude neppure una semplice noncuranza, una leggerezza nella fase dei controlli che ha consentito a qualcuno di far entrare le armi nella struttura ospedaliera.