28 marzo 2024
Aggiornato 20:30
Esteri. Afghanistan

Festini e maltrattamenti, bufera sull'ambasciata Usa in Afghanistan

Sotto accusa le guardie private, Clinton avvia un'indagine

NEW YORK - Un nuovo scandalo si abbatte sulle guardie private assunte dal dipartimento di Stato in difesa dell'ambasciata americana in Afghanistan. Nell'occhio del ciclone sono gli uomini di ArmorGroup, agenzia della Wackenut Service, accusati di maltrattamenti nei confronti degli afgani e di aver tenuto una condotta «deviante», organizzando tra l'altro festini a base di alcol e prostitute.

La vicenda è stata riportata al dipartimento di Stato dall'associazione no profit Project on Government Oversight, in una lettera di dieci pagine a seguito della quale il segretario di Stato, Hillary Clinton, ha deciso di far partire immediatamente un'indagine.

Le accuse riguardano in particolare il sito di Camp Sullivan, a pochi chilometri dall'ambasciata americana, che sarebbe stato teatro di numerosi party e feste a cui partecipavano guardie ubriache e prostitute. Feste che degeneravano finendo in risse, con vigilantes nudi che si davano ad atti di indecenza.

Il rapporto ha documentato il comportamento delle guardie con foto, email, filmati, e racconti di alcuni testimoni. Uno di questi ha descritto scene di maltrattamenti sui cittadini afgani e degli stessi supervisori della ArmorGroup che umiliavano gli abitanti locali. Nelle dieci pagine di accuse si definiscono inoltre «luride» le condizioni di igiene di Camp Sullivan. Numerose guardie hanno dichiarato che negli accampamenti si è sviluppato a un clima di «paura e coercizione» e che chi rifiutava di partecipare veniva ridicolizzato, umiliato e a volte addirittura licenziato.

La risposta del dipartimento di Stato non si è fatta attendere. Hillary Clinton ha ordinato un'indagine per verificare le accuse. Il portavoce Ian Kelly ha specificato che le prove portate contro i contractor sono «accuse molto serie e che come tali verranno trattate». Kelly ha chiesto un regime di tolleranza zero per il comportamento delle guardie, reclamando una «revisione dell'intero sistema» di appalti per la sicurezza, che potrebbe aver messo a repentaglio l'incolumità del personale dell'ambasciata.

Secondo l'inchiesta inoltre i dipendenti della società sarebbero sottoposti a durissimi turni di lavoro e gli stessi funzionari americani avrebbero grosse difficoltà nel controllare le guardie private a causa delle barriere linguistiche che impediscono la comunicazione. Circa 300 delle 450 guardie al servizio di ArmorGroup sono infatti nepalesi che non parlano inglese, obbligando così i superiori a dare gli ordini a gesti.

Il contratto da 189 milioni di dollari all'anno con ArmorGroup è stato prolungato a giugno per cinque anni. Susan Pitcher, portavoce dell'azienda, non ha voluto rilasciare dichiarazioni sul rapporto.