25 aprile 2024
Aggiornato 23:30

Afghanistan: i militari italiani sparano, muore bambina di 13 anni

Aperte due indagini. Frattini: «Tragico incidente». Isaf: «Faremo luce»

HERAT - Alle 11 ora locale, proprio mentre la delegazione dei deputati italiani atterrava ieri ad Herat sotto una pioggia battente, a 4 km a sud della base di Camp Arena in un incidente con un convoglio militare italiano perdeva la vita una bambina afgana di 13 anni. E per un drammatico contrappasso, tra gli appuntamenti della delegazione della Camera, c'è la posa della prima pietra di una nuova struttura dell'ospedale pediatrico realizzato proprio dagli italiani ad Herat.

FRATTINI - Un «tragico incidente», afferma il ministro degli Esteri Franco Frattini, in linea con la prima ricostruzione fornita dal comando italiano che da subito ha assicurato il pieno rispetto delle procedure di impiego da parte dei militari. Ma le opposizioni chiedono al Governo di riferire al più presto alle Camere, mentre la sinistra radicale invoca il ritiro della missione. Intanto sono in corso due inchieste per accertare la dinamica, una della Procura Militare, l'altra della polizia locale: «Andremo fino in fondo - assicura Marco Bertolini, comandante Isaf - per accertare eventuali responsabilità. Siamo i primi a volerlo capire».

A dare la notizia ai giornalisti italiani e alla delegazione di deputati è il comandante del contingente italiano Rosario Castellano, che fornisce una prima ricostruzione dell'accaduto: il convoglio italiano stava effettuando uno spostamento tecnico da Camp Stone a Camp Arena, sede del Comando Regionale Occidentale. «A 4 chilometri dalla base, una vettura civile procedeva in direzione opposta a forte velocità»: una Toyota Corolla station wagon bianca, uno dei modelli statisticamente più usati come autobomba.

I militari, riferisce Castellano, «hanno attuato immediatamente le procedure previste, segnalando prima con il clacson e gli abbaglianti, poi con il lancio di un razzo di segnalazione, quindi con dei colpi in aria». Ma la vettura non si fermava né rallentava - riferisce ancora Castellano - e allora si è passati ai 'warning shots', colpi sul terreno a lato del veicolo, per evitare il rischio di colpi di rimbalzo. Solo quando la Toyota è arrivata a 10 metri dal convoglio il mitragliere ha aperto il fuoco sul vano motore, come stabiliscono le procedure. E sempre in accordo con le regole, il convoglio ha proseguito senza fermarsi, allertando la polizia locale».

IL RACCONTO DELLO ZIO - Più drammatico il racconto dello zio della bambina, Ahmad Wali, 32 anni, che guidava la Toyota: «Pioveva, e la visibilità era pessima. D'un tratto ho visto delle luci davanti a noi, ed è apparso un convoglio di soldati stranieri. Subito dopo ho visto che metà del volto di mia nipote non c'era più., che sua madre era ferita al petto e che il mio viso era sanguinante a causa di frammenti del parabrezza che era esploso». Il portavoce della polizia locale della Regione Abdul Raouf Ahmadi, afferma: «I soldati stranieri hanno aperto il fuoco su una vettura civile, uccidendo una bambina e ferendo due persone tra cui una donna».

INDAGINE DELLA PROCURA MILITARE - Toccherà alle indagini della Procura Militare - cui è già stato inviato un rapporto dai Carabinieri di stanza ad Herat - stabilire la dinamica, e chiarire se la bambina è stata colpita direttamente dal fuoco italiano: il Comando aspetta le perizie prima di prendere posizione ufficialmente sul punto, e per ora gli unici elementi arrivano dalla polizia locale. E sempre dalle indagini, spiega il generale Bertolini, si capirà se nelle procedure c'è stato qualcosa che non ha funzionato, «per evitare che incidenti simili si possano ripetere». Quel che Bertolini dà per certo è che «nessuno di noi vuole uccidere bambini o civili innocenti. Ma l'Afghanistan non è l'Italia: qui c'è una minoranza che ci combatte, e in un contesto simile purtroppo simili eventi possono accadere». Anche ieri e l'altro ieri, spiega, nella Regione si sono verificati due scontri a fuoco: «Sappiamo benissimo che le lacrime di una madre afghana sono uguali a quelle di una madre italiana. Dobbiamo tenere insieme il rapporto con la popolazione e la salvaguardia dei nostri militari, che ogni giorno rischiano la pelle ma che restano sempre 'freddi' anche in situazioni di tensione. Ma qui essere inermi vuol dire essere uccisi».

A provare subito a mantenere distesi i rapporti con le autorità locali è il comandante Castellano che ha incontrato il governatore di Herat e che incontrerà anche i familiari della bambina. Dà il suo contributo anche il vice presidente della Camera Maurizio Lupi, che guida la delegazione di deputati: nell'incontro con il vice governatore e con il sindaco di Herat all'ospedale pediatrico esprime il cordoglio della Camera, e spiega che «il segno della nostra presenza qui vuole essere proprio l'ospedale», non certo l'incidente di oggi. Dagli afgani nessun accenno alla vicenda nei discorsi ufficiali, solo il ringraziamento per l'impegno italiano.