29 marzo 2024
Aggiornato 12:00

Madagascar, il presidente si dimette e cede il potere ai militari

Rajoelina contrario a decisione Ravalomanana: la crisi continua

Antananarivo - Il Presidente del Madagascar Marc Ravalomanana si è dimesso dopo due mesi di duro braccio di ferro con l'opposizione, affidando i suoi poteri a un «direttorio militare». Decisione subito contestata dal leader dell'opposizione, Andry Rajoelina, e dal Capo di Stato maggiore, colonnello André Andriarijaona. Da Addis Abeba, l'Unione africana ha chiesto di garantire condizioni di «sicurezza al Presidente», mentre il Segretario generale dell'Onu ha lanciato un appello «a tutte le parti coinvolte» perchè si arrivi a una «risoluzione non-violenta della crisi».

In un messaggio trasmesso dalla radio, il Presidente ha detto di aver deciso di rimettere il suo mandato dopo «lunga riflessione e di affidare i poteri a un direttorio militare». «Si è trattato di una decisione molto difficile e molto dura - ha aggiunto - ma doveva essere presa. Abbiamo bisogno di tranquillità e pace per lo sviluppo del nostro Paese». In un'ordinanza, il Capo dello Stato afferma di aver deciso «di conferire pieni poteri a un direttorio militare», guidato dal più anziano tra i più alti in grado, il vice-ammiraglio Hippolyte Rarison Ramaroson.

Un consigliere di Ravalomanana ha dichiarato che il direttorio militare avrà il compito di organizzare una conferenza nazionale per indire nuove elezioni entro due anni. Il mandato di Ravalomanana sarebbe scaduto nel 2011. Tuttavia, il leader dell'opposizione si è detto contrario alla creazione di tale direttorio, così come il Capo di Stato maggiore, che ha ricordato che «era stato chiarito che non volevamo direttori militari». «E' una nuova coltellata di Ravalomanana», ha aggiunto. Poco prima che il Presidente annunciasse le dimissioni, Rajoelina era entrato trionfalmente negli uffici della presidenza nel centro di Antananarivo, attaccati ieri dall'esercito per «accelerare l'uscita di scena» del capo dello Stato. Negli ultimi giorni, il Presidente è rimasto chiuso nel palazzo presidenziale di Iavoloha, poco distante dalla capitale, protetto dalla guardia presidenziale e dai suoi partigiani.

«Il Presidente è sempre a Iavoloha», ha dichiarato questa mattina il suo portavoce, prima che il Capo dello Stato annunciasse le dimissioni. Ieri Ravalomanana si era detto pronto a «morire» insieme ai militari della Guardia presidenziale. Negli ultimi giorni si sono anche moltiplicate le voci di una sua possibile partenza per l'esilio. Gran parte della sua famiglia ha già lasciato l'isola. Le tensioni tra Ravalomanana e Rajoelina cominciarono ad acuirsi lo scorso dicembre, quando il governo cercò di bloccare le trasmissioni della televisione di proprietà del leader dell'opposizione, allora sindaco della capitale. Da allora si sono tenute diverse manifestazioni di protesta, spesso sfociate in scontri di piazza tra forze di sicurezza e manifestanti, che hanno causato almeno un centinaio di morti. La scorsa settimana, Andry Rajoelina, soprannominato 'TGV' (treno veloce) per la sua folgorante carriera politica, si è auto-proclamato presidente di un«Alta Autorità di transizione' prima di chiedere, ieri, l'arresto del suo avversario.

L'esercito, rimasto fino ad allora neutrale, ha quindi preso posizione e costretto alle dimissioni il capo dello Stato. Ieri, l'Unione Africana ha lanciato un appello «perché regnino l'ordine e la legge in Madagascar» e «perché venga garantita la sicurezza del presidente Ravalomanana, della sua famiglia e dei suoi parenti». L'Ua ha quindi ribadito il suo rifiuto per ogni «cambiamento anti-costituzionale di governo». Da New York, il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, si è detto «profondamente preoccupato» per le violenze in Madagascar, invitando «tutte le parti coinvolte ad agire con senso di responsabilità per garantire stabilità e una pacifica transizione attraverso gli strumenti della democrazia». Lunedì, l'Unione europea (Ue) aveva lanciato un monito contro un'eventuale presa del potere con la forza nel Paese, sottolineando che non avrebbe «riconosciuto» un capo di Stato divenuto tale con la forza, e minacciando di sospendere gli aiuti a uno dei Paesi più poveri del mondo.