4 novembre 2025
Aggiornato 03:30

Darfur: liberi i 4 operatori umanitari, ma ignoti i rapitori

Prende quota teoria della rappresaglia per mandato arresto Bashir

KHARTOUM - Stanno bene e sono stati trattati bene i quattro operatori di Medici senza Frontiere rapiti in Darfur. L'italiano Mauro D'Ascanio tornerà presto in Italia (l'annuncio del rimpatrio è atteso oggi, come prospettato dall'ambasciatore Cantone e il rientro nei prossimi due giorni). Ma più che l'ora della partenza dalla capitale sudanese l'interrogativo che resta è sull'identità dei rapitori. Partigiani del presidente Omar al Bashir, miliziani arabi del Darfur, banditi dediti al sequestro per riscatto: le ipotesi sono e restano svariate.

I compagni di D'Ascanio nella brutta avventura sono il francese Raphael Meunier, la canadese Laura Archer e il sudanese Sharif Mohamadin. Rapiti mercoledì notte in Darfur, sono stati liberati ieri in un'area remota della regione sudanese a circa 300 chilometri da El Fasher. La notizia di una felice conclusione del sequestro è stata comunicata da fonti del governo dei Khartoum e, dopo una lunga e cauta attesa, è stata confermata dalla Farnesina. Al telefono con Sky Tg24 l'ambasciatore italiano a Khartoum, Roberto Cantone, ha assicurato a sua volta i quattro «sono stati trattati bene» e ha precisato che non è stato pagato alcun riscatto. L'assenza di un compenso per la liberazione sembrerebbe allontanare, ma non può escludere, l'ipotesi dei banditi di professione.

Tra l'altro non vi sono in Darfur veri precedenti di rapimento di operatori umanitari internazionali dall'inizio della guerra civile nella regione, nel 2003. L'ufficio di MSF dove i rapitori hanno fatto irruzione mercoledì sera si trova a Saraf Omra, località non lontana dal Ciad - un centinaio di chilometri ad Est - in un settore denominato Kebkabiya e considerato sotto il controllo delle milizie arabe locali. «Saraf Omra è controllato da Musa Hilal (potente capo delle milizie), che è consigliere del presidente» del Sudan, fa notare Fuad Hikmat, analista del think tank International Crisis Group. Ovvero: difficile pensare che Hilal non sia stato quantomeno messo al corrente del blitz per prelevare gli operatori umanitari. Le autorità sudanesi in un primo momento hanno parlato di «ladri» e di «banditi».

Il governatore di Darfur-Nord Mohammed Osmane Yussif Kibir inizialmente ha detto che c'era stata una richiesta di riscatto. Ma tutti i diplomatici consultati, come pure la stessa Ong Medici Senza Frontiere, hanno smentito questa ipotesi, seguiti a ruota dalle autorità sudanesi. Così ieri Kibir ha parlato di un altro tipo di 'riscatto': il sequestro è collegato al mandato di arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale contro il presidente Bashir.

«Questo rapimento è la risposta a una misura ingiusta contro la sovranità della nazione», ha detto alla stampa, citando un gruppo di cui non si era mai sentito parlare prima: le Aquile di al-Bashir. Quando il 4 marzo è stato emanato l'ordine di arresto per crimini di guerra e contro l'umanità in Darfur, a 13 Ong attive nella martoriata regione è stato intimato di andarsene. Tra queste la sezione francese e olandese di MSF. Il governatore di Darfur-Nord ha aggiunto un altro commento alla vicenda a rilascio avvenuto. «Sono stati liberati unicamente perchè era nell'interesse della nazione», ha detto, senza elaborare. Kibir ha condannato la vicenda, ma ha lodato la causa a suo avviso all'origine del rapimento.