Avvocato Corte di giustizia Ue, sono illegittime le norme italiane sugli stabilimenti balneari
Secondo l'Avvocato generale presso la Corte di giustizia europea la normativa italiana sugli stabilimenti balneari non rispetta la direttiva europea sulla procedura di selezione
ROMA - L'Avvocato generale presso la Corte di giustizia europea ha espresso parere negativo sulle normative italiane che prorogano in modo automatico la data di scadenza delle concessioni sugli stabilimenti balneari, tecnicamente le concessioni «per lo sfruttamento economico del demanio pubblico marittimo e lacustre».
Proroghe automatiche per le concessioni balneari: si o no?
Le convenzioni in questione, ha precisato l'avvocato Maciej Szpunar, secondo quanto riporta un comunicato, non costituiscono 'servizi' ai sensi delle norme dell'Unione in materia di appalti pubblici ma 'servizi' ai sensi di una direttiva secondo la quale, allorché - come avviene nel caso in esame - il numero di autorizzazioni disponibili sia necessariamente limitato in ragione della rarità o comunque della limitatezza delle risorse naturali, tali autorizzazioni debbono essere concesse secondo una procedura di selezione imparziale e trasparente, per una durata limitata, e non possono essere oggetto di una proroga automatica.
I gestori sono già ricorsi al TAR contro le revoche
Con vari decreti-legge emessi dal 2009 al 2012 e convertiti in legge, lo Stato italiano ha previsto la proroga automatica della durata delle concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative dapprima fino al 31 dicembre 2012 e poi fino al 31 dicembre 2020. Alcuni gestori di attività turistico ricreative presso alcune aree demaniali marittime in Sardegna, in previsione della stagione balneare 2012, hanno presentato richiesta di un formale provvedimento di proroga; ma, stante il silenzio delle Amministrazioni competenti, hanno avviato le attività, ritenendo di essere legittimati dalla legge all'esercizio delle stesse. Quando, poi, le amministrazioni, non riconoscendo la proroga automatica delle concessioni esistenti, hanno pubblicato gli avvisi per l'assegnazione di nuove concessioni anche su aree già oggetto di concessione, i predetti gestori sono ricorsi al TAR Sardegna, impugnando le delibere con le quali erano state implicitamente revocate le loro concessioni.
La vicenda della Promoimpresa
In altra vicenda, la Promoimpresa srl ha introdotto una domanda di rinnovo della concessione - in scadenza il 31 dicembre 2010 - per lo sfruttamento di una zona demaniale della sponda del lago di Garda. La domanda è stata rigettata dal Consorzio dei Comuni della Sponda Bresciana del Lago di Garda e del Lago di Idro. La società Promoimpresa ha allora impugnato il rifiuto di rinnovo della concessione davanti al Tar Lombardia. Sia il Tar Sardegna sia il Tar Lombardia hanno sollevato una questione pregiudiziale alla Corte Ue avente ad oggetto la legge italiana che prevede la proroga automatica e generalizzata della durata delle concessioni sino al 31 dicembre 2020.
I TAR dubitano dell'idoneità della legislazione nazionale
Secondo il Tar Lombardia, tale legge, benché adottata per le concessioni demaniali marittime, deve applicarsi egualmente alle concessioni demaniali lacustri, in quanto essa mira (o dovrebbe mirare) a proteggere gli investimenti dei concessionari in termini di ammortamento dei costi di gestione, in applicazione diretta del principio di proporzionalità, che impone di conciliare l'esigenza di concorrenza con quella di mantenimento dell'equilibrio finanziario del concessionario. Entrambi i Tar rimettenti, tuttavia, dubitano che la legislazione nazionale, per la sua idoneità a sottrarre dal mercato beni produttivi al di fuori di ogni procedimento concorsuale, sia compatibile con i principii di libertà di stabilimento, di protezione della concorrenza e di eguaglianza di trattamento tra operatori economici, così come con i principii di proporzionalità e di ragionevolezza.
Il sistema attuale crea discriminazioni tra gli operatori
La generalizzazione del termine di durata della concessione, infatti, parrebbe essere contraria al principio di proporzionalità, secondo l'avvocato generale presso la Corte Ue. Inoltre, si legge, l'automatismo della proroga parrebbe contrario ai principii di libertà di stabilimento e protezione della concorrenza, poiché mediante esso si sottraggono al mercato, per un periodo irragionevolmente lungo (undici anni), delle concessioni di beni sicuramente molto importanti sul piano economico. Tale meccanismo, poi, così come congegnato, parrebbe incidere in modo eccessivamente penalizzante, e quindi sproporzionato, sui diritti degli operatori del settore, che non hanno la possibilità di ottenere una concessione, malgrado l'assenza di concrete esigenze che giustifichino il protrarsi delle proroghe. Un siffatto sistema potrebbe quindi creare una discriminazione tra gli operatori economici.
(Fonte Askanews)
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