24 aprile 2024
Aggiornato 17:30
L'app è bocciata dal report della EFF

WhatsApp sotto accusa. E' la chat più pericolosa del momento

Tutti i dati che l'app gestisce (messaggi, telefonate, foto) vengono inviati ai server: raccolti, catalogati e memorizzati. Da chi? Dai governi e non solo.

ROMA – WhatsApp, che tutti noi utilizziamo quotidianamente e ingenuamente, è in realtà un sofisticato strumento per la raccolta automatizzata dei nostri dati personali, a fini commerciali e non solo. Una delle chat più pericolose in circolazione, che memorizza tutte le nostre conversazioni, le nostre foto, i messaggini e le telefonate. A dare l'allarme è il report dell'Electronic Frontier Foundation, un'associazione internazionale che vigila sulla tutela dei diritti digitali.

WhatApp sotto accusa
Se siete tra quelli – tanti, a dire il vero - che non sopportano la doppia spunta blu nella nuova versione di WhatApp (proprio quella che priva ognuno di noi della possibilità di giustificare un qualsivoglia ritardo nella risposta con un efficacissimo: «Non avevo letto tuo il messaggio»), questo articolo non fa per voi. Perché se avete dovuto accettare a malincuore questa piccola violazione della vostra privacy in cambio dell'utilizzo gratuito di un programmino di messaggistica istantanea, non vi farà piacere sapere che c'è molto di peggio dietro questa chat solo apparentemente innocua. WhatsApp è, infatti, un efficiente strumento per la raccolta dei nostri dati personali, che finiscono dritti dritti nell'archivio di Facebook.

Il report dell'Electronic Frontier Foundation
Secondo il report dell’Electronic Frontier Foundation, un’associazione internazionale che tutela i diritti digitali, la famosa app divenuta parte integrante del nostro quotidiano non solo violerebbe le regole sulla privacy internazionale, ma è anche una delle chat più pericolose del momento. L'EFF ha elaborato un sistema di confronto dei dati – basato su sette parametri fondamentali - tra le varie piattaforme utilizzate dai consumatori, che consiste nell’assegnazione di un giudizio che va da una a un massimo di cinque stelle. In base a questa valutazione, WhatsApp si classifica piuttosto male: in ultima posizione tra le app occidentali, seguita soltanto da quelle africane e cinesi (che di rispetto della privacy probabilmente hanno raramente sentito parlare). Nell'ecosistema degli strumenti digitali più popolari e popolati, questo è quello che più di tutti lascia la possibilità ai governi e alle loro emanazioni digitali di ficcare il naso negli affari dei suoi utenti.

La violazione della privacy riguarda i dati di 1 miliardo di persone
E non si tratta di un bacino di dati qualunque, ma di uno dalle proporzioni gigantesche e con un immenso valore commerciale. Se Facebook, infatti, coinvolge da solo circa 300 milioni di utenti nel vecchio continente, vi farà rabbrividire il fatto che WhatApp raggiunge invece il miliardo di utenze e che, soprattutto, tra queste ci siete anche voi che state leggendo questo articolo. Tutti i dati che l'app gestisce (messaggi, telefonate, foto) vengono inviati ai server: raccolti, catalogati e memorizzati. Da chi? Dai governi ma anche da Facebook, che di noi sa già praticamente tutto. Proprio Facebook che, secondo il Wall Street Journal, è già sospettata di violare la privacy dei suoi utenti a fini commerciali: per esempio inviando messaggi pubblicitari mirati incrociando i dati in suo possesso, a partire dai nostri «like». Molti paesi - tra i quali Francia, Spagna, Italia, Germania, Olanda e Belgio -, hanno aperto un'indagine sul colosso dei social media.

Cosa rischiamo noi utenti
Cosa rischiamo quotidianamente con l'uso di WhatApp? E' presto detto. Innanzitutto, i dati che ci riguardano possono essere utilizzati contro di noi dalle autorità giudiziarie, ma questa – fortunatamente – è la preoccupazione di pochi. Riguarda tutti, invece, la violazione della privacy a fini commerciali perché questo immenso bacino di dati che finisce nelle mani di Facebook è una merce di scambio molto preziosa nell'era digitale, che può essere venduta a caro prezzo. Mentre crediamo, ingenuamente, di usufruire gratuitamente di servizi di comunicazione più efficienti ed efficaci, in realtà stiamo rendendo fruibili e accessibili i nostri gusti personali, i nostri desideri, perfino le nostre vite. Contemporaneamente, diventiamo il bersaglio di messaggi pubblicitari fatti su misura per noi, alle cui lusinghe è sempre più difficile resistere. Fin qui, i rischi legati solo alla strumentalizzazione commerciale dei nostri dati, ma è facile immaginare che possano essere utilizzati perfino con altri scopi. Perciò, se rinunciare a WhatApp e Facebook è ormai quasi impossibile, cerchiamo almeno di farne un utilizzo più consapevole.