Rapporto Svimez: il Mezzogiorno torna timidamente a crescere
Nel 2015 il prodotto interno lordo del Mezzogiorno tornerà appena positivo dopo sette anni con il segno meno. E' quanto prevedono le stime dello Svimez scecondo le quali quest'anno il Pil italiano dovrebbe crescere dello 0,8%, quale risultato del +1% del Centro-Nord e di un +0,1% del Sud
ROMA - Nel 2015 il prodotto interno lordo del Mezzogiorno tornerà appena positivo dopo sette anni con il segno meno. E' quanto prevedono le stime dello Svimez scecondo le quali quest'anno il Pil italiano dovrebbe crescere dello 0,8%, quale risultato del +1% del Centro-Nord e di un +0,1% del Sud. L'evoluzione positiva del Pil è trainata dall'andamento dei consumi, stimato in +0,9% al Centro-Nord e +0,1% al Sud. Divergente nel 2015 la dinamica degli investimenti fissi lordi, +1,5% al Centro-Nord, mentre continuano a calare al Sud (-1%), anche per effetto della contrazione degli investimenti pubblici (-3%). La crescita, secondo lo Svimez, dovrebbe rafforzarsi nel 2016: il Pil italiano dovrebbe aumentare del +1,3% a sintesi di un +1,5% del Centro-Nord e di un +0,7% del Sud.
Dopo un 2014 funesto
Il segno più sul Pil del Mezzogiorno torna dopo un 2014 chiuso con un calo dell'1,3% che dimezza la caduta dell'anno precedente (-2,7%), con un calo superiore di oltre un punto percentuale rispetto al Centro-Nord (-0,2%). Negli anni della crisi (2008-2014) l'economia del Sud si è contratta di 13 punti percentuali, circa il doppio del -7,4% del Centro-Nord. Questo ha portato il divario del Pil pro capite tra Centro-Nord e Sud a toccare l'anno scorso il punto più alto degli ultimi 15 anni, tornando, con il 53,7%, ai livelli del 2000. In valori assoluti, a livello nazionale, il Pil è stato di 26.585 euro, risultante dalla media tra i 31.586 euro del Centro-Nord e i 16.976 del Mezzogiorno. Nel 2014 la regione più ricca è stata il Trentino Alto Adige, con 37.665 euro, la regione più povera è la Calabria, con 15.807 euro.
Inversione di tendenza
Tra la fine del 2014 e il primo semestre del 2015 «sembra essersi determinata una decisa inversione di tendenza sul mercato del lavoro, che riguarda anche il Mezzogiorno» dove gli occupati sono cresciuti più che al Centro-Nord nel secondo trimestre. E' quanto emerge dal rapporto della Svimez. Rispetto ad aprile-giugno del 2014, infatti, gli occupati crescono al Sud di 120 mila unità (+2,1%) e di 60 mila unità nel Centro-Nord (+0,4%). La ripresa riguarda tutte le regioni tranne la Calabria, e interessa essenzialmente i settori agricolo e terziario. «La dinamica più accentuata nel Mezzogiorno nei primi due trimestri dell'anno in corso va valutata con un po' di cautela - avverte Svimez - per il fatto che l'andamento nei primi due trimestri del 2014 era stato ancora particolarmente negativo. In ogni caso, si tratta di un segnale incoraggiante, che testimonia come anche il Sud stia beneficiando dei primi segnali di ripresa produttiva e delle misure di decontribuzione fiscale sulle nuove assunzioni "standard"».
Eredità della crisi
Resta però l'eredità della crisi: tra il 2008 ed il 2014 infatti il Mezzogiorno ha registrato una caduta dell'occupazione del 9%, oltre sei volte superiore a quella del Centro-Nord (-1,4%). Dei circa 811 mila posti di lavoro pesi in Italia dal 2008 al 2014, ben 576 mila si sono registrati nel Mezzogiorno: pur avendo ormai una quota sul totale degli occupati di circa il 25%, al Sud si è concentrato oltre il 70% dei posti di lavoro persi a livello nazionale. Il numero degli occupati del Sud è sceso l'anno scorso a 5,8 milioni, sotto la soglia simbolica dei 6 milioni; il livello più basso almeno dal 1977, anno da cui sono disponibili le serie storiche delle basi di dati.
Solo una donna su cinque lavora
I dati negativi rimangono. Al Sud lavora solo una giovane donna su cinque e ci sono quasi i due terzi dei giovani che non studiano nè lavorano, i cosiddetti Neet. In particolare, nel 2014 i giovani Neet hanno raggiunto a livello nazionale la quota di 3 milioni 512 mila, con un aumento rispetto al 2008 di circa 712 mila unità. Di questi, quasi 2 milioni sono donne (55,6%) e quasi 2 milioni sono al Sud. Ma, secondo Svimez, «il dato davvero senza paragoni» è quello delle giovani donne: tra i 15 e i 34 anni sono occupate al Sud appena una su cinque (il 20,8%), oltre 20 punti in meno del Centro-Nord e 30 dell'Europa. Secondo il rapporto «la questione femminile nel mercato del lavoro italiano ha una forte connotazione territoriale. Il tasso di attività femminile così basso porta l'Italia ancora in fondo alle classifiche dell'Unione, per il "peso" del Sud. Sono andamenti che si sommano a una condizione "strutturale" particolarmente allarmante per il Mezzogiorno, come dimostra il confronto dei tassi d'occupazione delle donne, prima e dopo la crisi, al confronto con la media europea».
Più morti che nati
Per il terzo anno consecutivo al Sud si registrano nel 2014 più morti che nati, con il numero delle nascite sceso a 174mila, il valore più basso dall'Unità d'Italia. Il rapporto della Svimez rileva anche come la popolazione meridionale sia diminuita ulteriormente di circa 20 mila unità l'anno scorso, per l'effetto congiunto delle migrazioni verso il Centro-Nord o l'estero e per il calo delle nascite. Tra il 2001 e il 2014, infatti, sono emigrati dal Sud verso il Centro-Nord oltre 1 milione 667mila meridionali, a fronte di un rientro di 923 mila: il Mezzogiorno ha quindi perso nettamente 744 mila unità. Di questi, il 70%, 526 mila, sono giovani, di cui poco meno del 40% (205 mila) laureati.
Nuove ricette
Prorogare anche per il 2016 gli incentivi pieni alle nuove assunzioni effettuate al Sud con il contratto a tutele crescenti. E' quanto propone lo Svimez per aiutare la crescita nel Mezzogiorno. La Svimez chiede anche un maggiore impegno finanziario al Sud a sostegno del personale dei centri per l'impiego e più attenzione per il Mezzogiorno nella rinnovata strategia integrata di politiche attive del lavoro anche attraverso l'Agenzia Nazionale per le politiche attive del lavoro. «Anche alla luce dei positivi dati dei primi mesi del 2015 sull'occupazione - si legge nel rapporto - la proposta Svimez è di rendere operativo anche per il 2016 una decontribuzione più "forte" al Sud, per le nuove assunzioni». Secondo l'Associazione, infatti, «non vi è nessuna obiezione ragionevole a che questo sia riservato al Mezzogiorno, visto che in quest'area si è concentrata la perdita di occupazione nella crisi e tanto più visto che, anche l'anno scorso, la misura è stata finanziata con risorse destinate agli investimenti nel Mezzogiorno (3,5 miliardi di PAC)».
Politica industriale specifica
Inoltre,è necessaria una politica industriale regionale specifica per il Sud affiancata da un programma di riqualificazione urbana delle città, sul modello di Glasgow e Bilbao, e un piano per trasformare Napoli nella capitale della geotermia. Per quanto riguarda le politiche industriali, la Svimez propone in particolare: corsie preferenziali per le imprese meridionali per accedere al Fondo Italiano di Investimenti, al Fondo Strategico Italiano e al credito all'export; rafforzamento dei fondi di private equity specifici per il Sud; ripristino delle agevolazioni fiscali per i contratti di rete; rafforzamento dei cluster tecnologici al Sud; prolungamento ed estensione del Piano per il Sud 2013-2016 dell'ICE; Bad Bank e fiscalità di vantaggio. Il rapporto propone di puntare sulla rigenerazione urbana delle città del Sud con ricadute su mobilità sostenibile, efficienza energetica e riutilizzo delle aree industriali dismesse con una "forte ricaduta" sul settore delle costruzioni. Secondo la Svimez «un esempio concreto potrebbe venire, tra le varie città meridionali, da interventi sulla città di Crotone" sul modello delle città di Glasgow e Bilbao "per riconvertire le aree dismesse in parchi urbani, scientifici e tecnologici, musei all'aperto, cittadelle dello sport, infrastrutture per il bacino del fiume Esaro, valorizzazione del sito archeologico dell'antica Kroton». La stima degli interventi è di 390 milioni di euro.
Geotermica
Svimez propone anche il progetto di una Napoli «geotermica e carbon free» visto che la Regione Campania conta 98 pozzi geotermici e 56 sorgenti, di cui rispettivamente 69 e 32 nell'area metropolitana di Napoli. Secondo la Svimez si potrebbero sostituire le caldaie tradizionali con pompe di calore geotermiche per il riscaldamento e raffreddamento di tutti gli edifici, sia residenziali che produttivi, pubblici o privati, per l'intero territorio di Napoli e provincia, pari a oltre 40mila abitazioni, in quattro anni. Il risparmio sarebbe di circa 6600 euro all'anno per fabbricato (660 euro l'anno per famiglia), con un impatto annuo sul Pil napoletano dell'1,4%. La stima dell'investimento sarebbe di circa 510 milioni di euro l'anno, più 100 di manutenzione. I posti di lavoro creati potrebbero essere circa 15mila nei quattro anni.
(Con fonte Askanews)
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