29 marzo 2024
Aggiornato 14:00
L'opinione del presidente di Nomisma Energia

Gas, Tabarelli: Sistema di approvvigionamento poco flessibile

«Le centrali a olio combustibile sono state chiuse quasi tutte per effetto delle liberalizzazioni. Qual era la società che si poteva permettere degli impianti a olio? Ne sopravvivovno tre o quattro in tutta Italia e ne servirebbero di più soprattutto nell'area padana dove i consumi sono maggiori»

ROMA - «Il nostro è un sistema molto poco flessibile dal punto di vista energetico»: a dirlo intervistato dalla Stampa è Davde Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, la società specializzata nell'analisi dei mercati energetici, all'indomani dell'allerta sulla possibile mancanza di gas. Ieri il governo ha annunciato l'avvio della «messa in esercizio delle centrali elettriche ad olio combustibile, che consentiranno di contenere i consumi di gas a uso termoelettrico». L'allerta scatta per l'ondata di gelo che ha fatto impennare i consumi, e per il livello ridotto di forniture dalla Russia.
Nota Tabarelli: «Le centrali a olio combustibile sono state chiuse quasi tutte per effetto delle liberalizzazioni. Qual era la società che si poteva permettere degli impianti a olio? Ne sopravvivono tre o quattro in tutta Italia e ne servirebbero di più soprattutto nell'area padana dove i consumi sono maggiori».
In Italia «non sono state previste alternative più efficienti e nessuno ha mai obbligato a tenere aperti questi impianti» lamenta Tabarelli.

Il grosso della domanda è nel settore riscaldamento - Secondo il presidente di Nomisma non sortirà gravi effetti la decisione di interrompere le forniture ai clienti industriali là dove i contratti lo consentono: «non si tratta di grossi volumi, se l'industria consuma in questi giorni 50 milioni di metri cubi al giorno, avremo 4-5 milioni in meno». Mentre il grosso della domanda «è nel settore riscaldamento dove non si può ridurre». Nel 2006, ricorda Tabarelli, una simile emergenza gas (dovuta alla crisi russo-ucraina) «durò 50 giorni e costò in totale 250 milioni di euro. Una cifra irrisoria se spalmata su tutti i metri cubi consumati». Potrebbe avvenire lo stesso, ma il problema in prospettiva è che «non c'è sufficiente flessibilità, sia nel senso dell'approvvigionamento che nella capacità di stoccaggio. Siamo l'unico paese al mondo che dipende in maniera così massiccia dal gas importato per la produzione di energia elettrica».