29 marzo 2024
Aggiornato 10:30
Dopo il caso Parmalat

Vino: non lasciamoci scippare anche lo spumante «made in Italy»

La CIA esprime preoccupazione per le notizie circolate in merito dell’acquisto di Gancia da parte dei russi

ROMA - Un altro pezzo da 90 dell’agroalimentare italiano rischia di finire in mani straniere. Dopo il caso Parmalat, comprata dai francesi di Lactalis, adesso tocca alle bollicine di casa Gancia cambiare nazionalità. Stiamo seguendo la vicenda con attenzione e preoccupazione: se la notizia fosse confermata, vorrebbe dire che ci siamo lasciati «scippare» l’ennesimo marchio di qualità del «made in Italy» agroalimentare. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando le voci sull’acquisto di Gancia da parte dell’oligarca russo Rustam Tariko.

Casa Gancia è forse la più storica di tutte le aziende che producono spumante. Un settore, quello dei vini frizzanti, che mette l’Italia in testa alla classifica dei produttori mondiali con 380 milioni di bottiglie l’anno contro i 370 milioni dei cugini francesi. Un patrimonio che va tutelato e difeso, anche per le possibili ricadute che sui produttori di uve e su tutto il comparto dell’Asti Docg. Senza contare -conclude la Cia- che già oggi centinaia di brand italiani appartengono a grandi gruppi esteri. Con il rischio di ingannare il consumatore, che crede di comprare «italiano» mentre il profitto e il valore aggiunto vanno a ingrossare le tasche di imprenditori stranieri.

Ai tanti preoccupanti esempi di continua acquisizione di marchi tricolore dall’estero, si contrappongono segnali incoraggianti, come quello dell’azienda agricola piemontese «La Spinetta» dei fratelli Rivetti, associata Cia, che ha appena rilevato un’importante industria di spumantizzazione di vini. Questo vuol dire che c’è un’agricoltura che si impegna a salvaguardare il «made in Italy», mentre c’è chi svende i propri asset allo «straniero».