Il mondo chiederà più latte e carne
Negli ultimi dieci anni i settori lattiero-caseario e zootecnico cooperativi hanno compiuto un profondo processo di razionalizzazione. Fatturati e potenzialità sono pari ai partner europei ma si può ancora crescere in dimensioni e quote di mercato all’estero
CREMONA - Nell’ultimo decennio la zootecnia da latte e quella da carne hanno conosciuto una netta razionalizzazione che ha portato i settori a livelli comparabili a quelli dei partner europei più avanzati; il suo ruolo è importante per la valorizzazione della produzione e la tutela dei produttori associati, ma ci sono ulteriori margini di crescita. Le dimensioni medie del fatturato per entrambi i comparti pur avendo raggiunto quote di tutto rispetto presentano numeri ancora inferiori a quelli registrati in Francia, Germania ed altri competitors europei. È quanto emerge dallo scenario presentato da Nomisma, basato sull’analisi dei dati dell’Osservatorio Nazionale sulla Cooperazione Agricola, all’Assemblea Nazionale dei Settori lattiero-caseario e zootecnico di Fedagri-Confcooperative, a Cremona.
«In seguito alla ristrutturazione dei comparti, oggi, nei due settori si riscontra un livello di concentrazione dell’offerta più alto rispetto agli altri segmenti del mondo cooperativo – afferma Andrea Zaghi, di Nomisma – . quasi il 50% del fatturato del settore lattiero caseario è cooperativo e nei formaggi DOP si tocca quota 60%, mentre nell’ambito della zootecnia da carne, la cooperazione copre il 40% del fatturato globale».
Oltre che per l’aggregazione, anche per i fatturati in questi due settori i dati sono superiori rispetto alla media cooperativa. La dimensione media delle cooperative da latte è 7,3 milioni di euro, per quelle del settore zootecnico è ancora più alta ed arriva a quota 16,1 milioni di euro, contro una media della cooperazione italiana di 5,9 milioni di euro.
Tra le prime sei top player nel settore del latte ci sono due cooperative, mentre tra le prime sei più grandi imprese del comparto zootecnico figurano tre cooperative.
Sono sempre più numerosi i marchi delle cooperative, conosciuti ed apprezzati dai consumatori per la qualità dei prodotti.
«I dati sulle performances delle nostre cooperative dimostrano che è possibile crescere ancora, soprattutto sui mercati stranieri, dove negli ultimi anni si sono affermate le produzioni a denominazione d’origine DOP/IGP delle quali siamo i produttori principali – sottolinea Tommaso Mario Abrate, presidente del settore lattiero caseario di Fedagri-Confooperative – la crescita nei mercati esteri rappresenta un’occasione che la cooperazione non può perdere perché, per i prossimi anni, nel mondo salirà vertiginosamente la richiesta di latte e derivati (+20%)» «Analoghe previsioni – evidenzia Giovanni Bettini, presidente del settore zootecnico di Fedagri-Confcooperative - abbiamo per la carne e i prodotti derivati (carne bovina +13,9%, carne suina +19,8%, carne avicola +28,7%, carne ovicaprina +22,3%); sviluppare le esportazioni è pertanto un obiettivo prioritario per le nostre cooperative».
La quota di fatturato oggi attribuibile all’export per il settore lattiero-caseario è pari al 20%, per quello della carne scende al 10%, rispetto ad una media della cooperazione italiana del 30%; una media tuttavia significativa se si considera che per latte e carni l’Italia ha una produzione deficitaria rispetto al fabbisogno interno.
«Sono assai indicative - ha precisato al riguardoTommaso Mario Abrate - le performances dei formaggi grana, per i quali il volume lattiero relativo all’incremento delle esportazioni nell’ultimo decennio hanno interessato ben 6 milioni di quintali di latte, con tutte le positive conseguenze sull’equilibrio del mercato nazionale e sulle quotazioni».
Sul piano interno la cooperazione mostra ancora qualche difficoltà nel raggiungere direttamente con i propri prodotti il mercato finale.
In quella lattiero-casearia, il ricorso all’intermediazione è più intenso rispetto alla cooperazione da carne (28,6% rispetto al 18%), superiore anche il ricorso all’HORECA (10,8% contro il 5,8%). Viceversa, nella cooperazione da carne il ricorso al dettaglio è molto superiore (19,2% contro 7,9%). Molte aziende si servono delle vendita diretta, tuttavia il peso di questo canale sul totale delle vendite è complessivamente ridotto, mentre circa un terzo dei prodotti di entrami i settori transita attraverso la Gdo.
Le imprese cooperative lattiero-casearie hanno sviluppato politiche di branding che le hanno portate ad avere il 69% del fatturato complessivo a marchio proprio. Le cooperative di produzione carne, invece, sebbene abbiano dimensioni mediamente maggiori in termini di fatturato, faticano di più ad affermare un proprio marchio aziendale.