New York Times: La crisi americana ha radici politiche
Editoriale del quotidiano: «Fallimento della leadership USA». Parole dure, che pesano come macigni
NEW YORK - Da qualunque punto la si guardi - crescita, consumi, manifatturiero, immobiliare, azionario - l'economia americana è in difficoltà. Inizia così l'editoriale del New York Times che, all'indomani del downgrade degli Stati Uniti da parte dell'agenzia di rating Standard & Poor's, evidenzia le «radici politiche della crisi economica» e punta l'indice contro «il fallimento della leadership americana».
Parole dure, che pesano come macigni, soprattutto ora che il Paese ha perso la «Aaa», la valutazione più alta, quella che aveva sempre mantenuto nella sua storia finanziaria moderna. Il quotidiano rintraccia le origini della nuova crisi soprattutto nelle difficoltà nell'evidenziare una netta traiettoria di crescita e a creare posti di lavoro: «quello di cui l'economia ha veramente bisogno è un reale investimento del Governo per sostenere la domanda e l'occupazione».
Il mese scorso sono stati creati 117.000 posti e il tasso di disoccupazione è calato al 9,1 per cento, ma a un esame più attento anche questo non è un segnale necessariamente positivo. «Riflette l'assottigliamento progressivo della forza lavoro, l'aumento dei disoccupati di lungo periodo e la frustrazione di chi smette di cercare un impiego»: se i quasi tre milioni di americani «scoraggiati» fossero inclusi nelle statistiche il tasso salirebbe al 10,7 per cento e al 16,1 per cento se si calcolano anche quelli che trovano solo un lavoro part-time.
«Washington può negare davanti all'evidenza, ma il resto del Paese sa cosa sta succedendo», dice il quotidiano, facendo riferimento a un sondaggio del New York Times/Cbs News Poll che mostra come per la maggior parte degli americani creare posti di lavoro dovrebbe essere una priorità più pressante del tagliare la spesa pubblica. «E l'82 per cento degli americani disapprova il Congresso. Gli americani sanno cosa serve, anche se il Congresso non lo sa».
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