29 marzo 2024
Aggiornato 07:30
Incontra a Roma

La CIA presenta il piano nazionale per le proteine vegetali

Tagliare le importazioni, spesso Ogm, rafforzare produzione e qualità del «made in Italy», valorizzare le filiere zootecniche e recuperare i terreni marginali

ROMA - Oltre 2 milioni di ettari da destinare subito alle produzioni proteiche vegetali. Questo è uno degli obiettivi prioritari del Piano nazionale presentato oggi a Roma dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori. Un Piano per tagliare le importazioni di prodotti spesso Ogm, per incrementare la produzione «made in Italy» di soia, piselli, fave, favini e erba medica e sviluppando, contemporaneamente, la coltivazione di mais, per garantire sia uno sviluppo di una zootecnica realmente sostenibile che i consumatori, per tutelare la biodiversità, per recuperare i terreni marginali, per migliorare la fertilità dei suoli, per contrastare il cambiamento climatico, per rafforzare l’organizzazione di filiera.
Il Piano nazionale per le proteine vegetali -come è stato rilevato durante la presentazione alla quale ha partecipato il presidente nazionale della Cia Giuseppe Politi, che ha svolto le conclusioni- propone, dunque, di triplicare gli ettari oggi destinati nel nostro Paese alla produzione di colture proteiche.
D’altra parte, la Cia da anni lavora affinché vi sia una maggiore produzione di proteine vegetali in Europa e nel nostro Paese in modo da limitare soprattutto le importazioni di soia quasi sempre geneticamente modificata.

Nell’Unione europea -come è stato affermato durante l’incontro della Cia, presieduto dal vicepresidente nazionale Dino Scanavino e al quale hanno partecipato rappresentanti del settore, delle istituzioni e della ricerca- le colture proteiche occupano complessivamente solo il 3 per cento dei seminativi e la superficie si è ridotta a circa un milione di ettari. Ogni anno si importano oltre 40 milioni di tonnellate di prodotti proteaginosi, principalmente semi di soia per mangimi composti. Quantità che rappresenta l’80 per cento del consumo dell’Ue.
Da rilevare, inoltre, che più dell’85 per cento dei mangimi nell’Unione europea contengono biotech e la normativa comunitaria prevede una soglia di contaminazione inevitabile o di tolleranza accidentale dello 0,9 per cento, limite per il quale non è prevista l’indicazione in etichetta.
Basta solo ricordare che il 25 per cento del mangime destinato agli allevamenti nazionali proviene dalle coltivazioni di soia Ogm di Stati Uniti, Argentina e Brasile. A questo si deve aggiungere che, secondo recenti studi, il commercio mondiale di mais vedrà nei prossimi anni una quota crescente di prodotto Ogm, che potrebbe giungere fino all’86 per cento del totale.

A livello nazionale, nell’ultimo cinquantennio, si è avuto un crollo delle superfici destinate a leguminose. La fava, ad esempio, è passata da circa 500.000 a poco più di 50.000 ettari coltivati; il fagiolo da circa 500.000 a circa 10.000 ettari; la lenticchia da 25.000 ad appena 2.400 ettari. La riduzione delle superfici -è stato ribadito nel corso dell’incontro Cia- non è stata minimamente compensata dall’aumento delle rese, che non hanno fatto registrare variazioni significative, a dimostrazione del fatto che queste colture sono state interessate solo marginalmente da interventi di miglioramento genetico.
Le proteine vegetali di produzione nazionale sono essenziali per la filiera di carne italiana «Ogm-free», per limitare notevolmente l’utilizzazione di soia di importazione. Le piante proteiche (favino, pisello proteico) e i foraggi da destinare all’essiccazione e/o disidratazione rappresentano colture insostituibili nella rotazione dei terreni asciutti dell’Italia Centrale e Meridionale e nella rotazione delle zone irrigue e non irrigue del Nord Italia.

Il Piano nazionale per le proteine vegetali -illustrato da Giuseppe Cornacchia, responsabile del Dipartimento sviluppo agroalimentare e Territorio della Cia- è reso ancora più pressante, oltre dalla preoccupazione connessa alla diffusione di Organismi geneticamente modificati, diffusamente presenti nelle fonti proteiche vegetali provenienti dall’estero, anche dalle nuove esigenze dei consumatori, la cui domanda è indirizzata sempre più verso prodotti nazionali garantiti, con particolare riguardo verso i prodotti tipici tradizionali e biologici. A ciò si deve aggiungere l’urgenza di fronteggiare l’alta volatilità dei prezzi dei prodotti d’importazione e la necessità del rispetto degli impegni internazionali in tema di lotta ai cambiamenti climatici.
Le risorse economico-finanziarie da destinare al Piano nazionale potrebbero essere reperite dai Psr, dai fondi Ue, nazionali e regionali per la ricerca. Da qui l’esigenza di un cambiamento di rotta con la nuova Pac 2014-2020, in maniera da dare una spinta adeguata verso lo sviluppo di queste coltivazioni.
Il Piano -è stato affermato nell’incontro Cia- deve essere pienamente condiviso e potrebbe essere discusso nei prossimi Stati Generali dell’agricoltura, sviluppando una grande azione di concertazione operativa tra soggetti della filiera, le amministrazioni, le strutture di ricerca e dei servizi.
La presentazione delle proposte della Cia è stata anche l’occasione per commemorare il prof. Natale di Fonzo, amico della Confederazione e dell’agricoltura e che insieme alle strutture confederali ha lavorato alla stesura della proposta del Piano proteico. Il presidente Giuseppe Politi e il prof. Italo Giordano hanno consegnato una targa ricordo alla moglie signora Luciana.