29 marzo 2024
Aggiornato 12:00
Negoziati Democratici - Repubblicani

Obama «infuriato» lascia il tavolo delle trattative

Lite tra il Presidente americano e il repubblicano Cantor: «Ne ho abbastanza di stare seduto qui»

NEW YORK - E' finito in lite il quarto giorno consecutivo di negoziati tra democratici e repubblicani per alzare il tetto del debito pubblico. Questa volta a sbattere la porta è stato Barack Obama, che ieri si è alzato bruscamente dal tavolo dopo due ore di riunione. Uno scatto fuori carattere per un presidente dal temperamento misurato, che dice chiaramente a che punto difficilissimo siano le trattative per evitare il default degli Stati Uniti.

Nel racconto del capogruppo democratico alla Camera Eric Cantor, Obama lo ha interrotto e se ne è andato dicendo «Ci vediamo domani». A far infuriare il presidente la proposta di Cantor di trovare un accordo a breve termine, proposta che Obama aveva già rifiutato. «E a quel punto», racconta Cantor, «Obama si è innervosito e ha detto 'Ne ho abbastanza di stare seduto qui, non lo farebbe nessun altro presidente' e che aveva raggiunto il punto in cui qualcosa deve cedere».

E quel qualcosa Obama lo ha spiegato: i repubblicani devono accettare di abbandonare o l'opposizione a qualunque aumento delle tasse, oppure l'insistenza sulla necessità di tagliare la spesa dello stesso ammontare di cui sarà alzato il tetto del debito. Da lì la discussione, che era stata «tesa ma costruttiva» secondo fonti del partito democratico citate dalla Cnn, è degenerata con Obama che ha detto a Cantor un secco «Non dirmi che sto bluffando, Eric». Minacciando poi di andare ad appellarsi direttamente agli americani per accusare senza mezzi termini i repubblicani di aver portato il paese al default. Un default che, ha detto al Congresso il presidente della banca centrale Ben Bernanke, sarebbe una catastrofe. E proprio mentre la riunione alla Casa Bianca finiva, arrivava da Moody's l'avvertimento che il rating sul debito sovrano degli Stati Uniti è sotto revisione e potrebbe essere tagliato.

Sul tavolo per ora c'è una sola idea che ha trovato un minimo di consenso, quella del capogruppo repubblicano al Senato Mitch McConnell che propone di alzare il tetto del debito di 2.500 miliardi in tre tranche ciascuna da votare al Congresso, con la possibilità di veto presidenziale. Uno schema complicato, che però fino ad ora è l'unico che i due partiti sono riusciti a trovare di fronte al rischio di un disastro che tutti vedono arrivare, ma nessuno ha ancora trovato la ricetta per fermare.