3 settembre 2025
Aggiornato 10:30
Inflazione

Il “caro-petrolio” infiamma le tavole degli italiani e taglia i consumi alimentari

La Cia sottolinea che l’impennata di benzina e gasolio ha pesato sui consumatori ma anche sulle imprese agricole che hanno visto crescere notevolmente i costi

ROMA - Il «caro-petrolio» spinge al rialzo i prezzi dei prodotti alimentari (più 2 per cento a febbraio su base annua) e taglia i consumi a tavola degli italiani (meno 0,5 per cento nei primi due mesi del 2011), complice anche il perdurare di una crisi economica che nel 2010 aveva portato ad un calo delle vendite agroalimentari dello 0,6 per cento e ad un cambiamento radicale del carrello della spesa. E’ quanto sottolinea la Cia-Confederazione italiana agricoltori a commento dei dati definitivi dell’Istat sull’inflazione, che torna ad infiammarsi nel mese di febbraio (più 2,4 per cento).
La ripresa della corsa dei prezzi alimentari al dettaglio -rileva la Cia- ha avuto la sua spinta determinante dall’impennata del petrolio, che si è tradotta in benzina e gasolio più cari. E questo ha inciso notevolmente sui listini finali, soprattutto perché i prodotti agricoli viaggiano dal campo alla tavola per l’85 per cento con l’autotrasporto su gomma.

I rincari petroliferi hanno, comunque, pesato anche sull’agricoltura, che ha visto crescere a gennaio scorso del 4,4 per cento (più 6,4 per cento soltanto i carburanti) i costi produttivi. E di conseguenza le quotazioni all’origine di una serie di prodotti agricoli, come segnalato dall’Ismea, hanno subito (anche se a febbraio si è avuto un calo congiunturale dello 0,9 per cento) un’accelerazione che, però, da sola non poteva certo determinare un aumento così consistente dei prezzi sugli scaffali. Incremento al quale ha concorso, quindi, la «bolletta energetica» e, in alcuni casi, le tensioni causate da spinte speculative.
Il «boom» dei prezzi alimentari -rimarca la Cia- ha avuto, tuttavia, i suoi riflessi sui consumi. A pagare di più la contrazione della domanda domestica sono stati pane, pasta, carni bovine, prodotti ittici, frutta e vini.

Un trend negativo che si è riscontrato per tutto il 2010 e che è proseguito anche nei primi due mesi del 2011. Sta di fatto che lo scorso anno -sostiene la Cia- una famiglia su tre è stata costretta a «tagliare» gli acquisti alimentari, mentre tre su cinque hanno dovuto modificare il menù quotidiano e oltre il 30 per cento è obbligato, proprio a causa delle difficoltà economiche, a comprare prodotti di qualità inferiore. Analoga la percentuale di chi si rivolge ormai esclusivamente alle «promozioni» commerciali che sono sempre più frequenti soprattutto nella Grande distribuzione.