18 aprile 2024
Aggiornato 23:00
Rapporto di Agroinnova

Vecchioni: l’agricoltura pilastro di stabilità economico-politica

«Sui raccolti l’ombra del terrorismo, le invasioni di parassiti sotto la lente degli 007 della biosicurezza»

ROMA - L’elenco è lungo: diabrotica e piralide, due killer del mais; lo Pseudomonas syringae che sta facendo strage di kiwi; il cinipide, distruttore di castagne; la metcalfa, annientatrice di vigneti; la varroa, che spopola gli alveari. Basta pensare ai danni che ognuno di questi parassiti riesce a provocare per rendersi conto di come l’agricoltura sia vulnerabile e, se (a parte qualche caso sospetto) le invasioni sinora sono state «naturali», il rischio che possano essere provocate a scopo commerciale o politico per destabilizzare un Paese è ben più che un’ipotesi.

«In questi ultimi mesi abbiamo toccato con mano l’importanza del settore agricolo a livello geopolitico - dice il presidente di Confagricoltura, Federico Vecchioni, commentando lo studio di Agrinnova, presentato durante un convegno dell’organizzazione agricola a Torino -. La crisi climatica in Russia ha fatto diminuire l’offerta di frumento e impennare i prezzi, il che è bastato per far scoppiare incidenti in Mozambico, con dieci morti e centinaia di feriti. Inoltre è proseguito il land grabbing, che ha già determinato, a livello globale, il passaggio di mano di circa 15 milioni di ettari, pari al 4/5 per cento della superficie del Pianeta coltivati a cereali. Ad investire sono i Paesi con ingenti risorse finanziarie, ma che hanno fame di terra e la comprano soprattutto in Africa e in America Latina. Questo dimostra come un’agricoltura forte, in grado di fornire cibo per tutti e a prezzi accessibili a tutti, sia un pilastro della stabilità di una nazione».

Ecco perché l’agricoltura è stata inserita tra i possibili obiettivi di azioni terroristiche, consistenti nell’uso deliberato di parassiti per distruggere intere coltivazioni o contaminare derrate agricole che porterebbero a conseguenze drammatiche non solo nei settori della produzione, trasformazione e commercio, ma anche in quelli della ristorazione e del turismo.

A questo punto gli 007 della «biosicurezza»scendono nei campi, anche perché le colture agrarie dei paesi industrializzati, da un lato non sono in alcun modo protette e dall’altro l’eventuale impiego di microrganismi patogeni per attaccarle richiede tecnologie relativamente semplici, poco costose e di facile accesso. Questa ipotesi, negli ultimi anni, è stata presa in massima considerazione dagli Stati Uniti e l’American Phytopatological Society (APS) ha istituito una Commissione ad hoc su «Crop bioterrorism» che ha prodotto diversi documenti, tali da spingere il Congresso Usa ad emanare una serie di nuove leggi volte ad aumentare i controlli a tutela della sicurezza nazionale. L’Unione Europea, da parte sua, ha finanziato un progetto dal titolo «Crop and food biosecurity, and provision of the means to anticipate and tackle crop bioterrorism».

«A partire dal 2004, Agroinnova, il Centro di Competenza per l’Innovazione in Campo Agro-ambientale dell’Università di Torino, ha costruito una rete europea per valutare questi rischi – spiega il suo direttore, la professoressa Maria Lodovica Gullino -. Il gruppo di ricerca, costituto oltre che da Agroinnova da Università e centri di ricerca francesi, tedeschi, inglesi, spagnoli, ungheresi, si è via via consorziato con centri di ricerca israeliani, americani, cinesi e tailandesi ed opera nell’ambito di progetti finanziati dalla Commissione europea e dalla Nato. La ricerca condotta ha permesso di valutare quali sono le colture che, se attaccate deliberatamente, correrebbero i maggiori rischi e, al tempo stesso, ha permesso di mettere in rete laboratori specializzati nel campo della epidemiologia, della modellistica, della diagnostica e della difesa».

E’evidente che tecniche e strategie adottate per prevenire l’introduzione deliberata di parassiti sono egualmente utili per contrastare anche l’ingresso «naturale» di questi invasori nei campi di uno o più Paesi.