4 maggio 2024
Aggiornato 19:30
Incontri annuali dell'FMI

Continuerà la «guerra delle valute»

Il comunicato finale dell'Imfc evidenzia l'impotenza per intervenire. Molti Paesi tentati dal forzare nuove svalutazioni per stimolare le proprie esportazioni

WASHINGTON - La parola fallimento non la pronuncia nessuno. Ma i leader finanziari mondiali hanno perso l'occasione degli incontri annuali dell'Fmi a Washington per appianare, almeno in parte, le differenze che rischiano di innescare una guerra valutaria a livello mondiale, con molti Paesi tentati dal forzare nuove svalutazioni per stimolare le proprie esportazioni e salvare posti di lavoro in questi tempi difficili.
La preoccupazione, nemmeno tanto latente, è che tali svalutazioni possano innescare qualcosa di analogo alle guerre commerciali che contribuirono alla Grande Depressione degli anni '30, quando ogni Paese in successione alzo barriere protezioniste contro le merci importate.

IMPOTENZA - E il comunicato finale con il quale il Fondo Monetario sintetizza due giorni d'incontri a Washington ben riflette l'apparente impotenza a fare passi avanti. Nel documento l'International Monetary and Financial Committee, l'organo politicamente più rappresentativo del Fondo, si limita a formulare un impegno ad «approfondire» il lavoro sul tema dei movimenti valutari, inclusi degli studi sulla questione.
E così il comunicato, l'unico di peso negli incontri di Washington dal momento che il vertice del G7 ha avuto carattere informale, non affronta il nodo dei forti attriti tra Stati Uniti e Cina. Con l'amministrazione Obama, alle prese con le problematiche elezioni di medio termine a novembre nelle quali l'alta disoccupazione interna sarà un tema-chiave, che cerca di mettere pressione sulla Cina perchè rivaluti rapidamente il renmimbi nei confronti del dollaro. I produttori americani, infatti, lamentano che la moneta cinese sia sottovalutata addirittura del 40% e che questo è costato milioni di posti di lavoro americani dal momento che i beni americani sono così più costosi in Cina e i beni cinesi sono più economici in America.