19 aprile 2024
Aggiornato 21:30
Unicredit

Geronzi: il capo della Spectre non sono io

Il Presidente di Generali: «Non ho niente contro Profumo. Sono sempre stato per la stabilità. Non penso proprio a fusione con Mediobanca»

ROMA - «Mi dispiace deluderla, ma non sono io il capo della Spectre...». Il presidente di Generali, Cesare Geronzi, respinge la ricostruzione della battaglia in Unicredit come di una vittoria dell'asse Berlusconi-Geronzi che sarebbe stata volta ad abbattere lo strapotere dell'amministratore delegato Alessandro Profumo, e la definisce un «romanzo».

«SONO PER LA STABILITA'» - «Non ho niente contro Alessandro - replica in un'intervista al vicedirettore di Repubblica Massimo Giannini - e mi sono sempre adoperato per la stabilità del sistema finanziario». Per Geronzi è «fantascienza» l'incontro tra lui e il premier durante la visita romana di Gheddafi.
«Io non ho nulla contro Profumo, e non ho mai avuto nulla contro di lui. Mi citi un episodio, uno solo, nel quale ci saremmo scontrati... ». E a La Repubblica che gli fa un elenco di episodi (la fuoriuscita dal capitale Rcs ai Tremonti Bond, la governance di Mediobanca al passaggio dello stesso Geronzi da Piazzetta Cuccia alle Generali), il banchiere di Marino risponde: «Non è affatto vero che io e Alessandro abbiamo litigato su questi punti. E soprattutto è una leggenda che Profumo fosse contrario al mio passaggio alle Generali».

PROBLEMA FONDAZIONI - Il vero problema è il potere delle fondazioni. A sostenerlo il presidente di Generali, Cesare Geronzi, che in una lunga intervista a Massimo Giannini su La Repubblica, respinge la ricostruzione fatta sul quotidiano della battaglia in Unicredit come di una vittoria dell'asse Berlusconi-Geronzi per abbattere lo strapotere dell'amministratore delegato e attacca invece le fondazioni che attraverso un «malinteso senso del 'radicamento con il territorio', rischiano di disgregare il sistema, mentre c'è bisogno di cementarlo...».
No alla politica dunque, a partire dalla Lega, se usa le fondazioni per creare le roccaforti locali nelle banche: «Unicredit è il primo esempio. Ce ne potrebbero essere altri. Non Banca Intesa, per fortuna, dove Bazoli ha gestito al meglio la fase critica e Guzzetti, che è uomo di grande qualità, è riuscito a coniugare al meglio la vocazione globale e la collocazione territoriale».

FUSIONE - Il presidente di Generali «non» pensa «proprio» ad una fusione tra il Leone di Trieste e Mediobanca. «Se scrive di nuovo che questo è il mio progetto mi offendo. Non ci penso, non ci ho mai pensato... ».
A Giannini che gli ricorda che aveva smentito seccamente anche l'ipotesi di un suo trasloco da Piazzetta Cuccia al Leone Alato, avvenuto poi nella primavera scorsa, risponde: «Quella è tutt'altra storia poiché decisi di accettare il trasferimento solo l'ultima settimana, e nel comitato nomine di Mediobanca decidemmo tutti assieme, all'unanimità. Io ho a cuore la stabilità. Mi si può dire che le Generali possono essere gestite meglio, in modo più dinamico o più redditizio. Accetto tutto. Ma non mi si può e non mi si potrà mai dire che un'istituzione che presiedo possa concorrere a sfasciare il sistema. In tutta la mia vita - sottolinea - ho fatto esattamente l'opposto. E continuerò a farlo».