Imponente manifestazione della Confagricoltura a Napoli
Il presidente Vecchioni: «Chiediamo un decreto di urgenza che dia all’agricoltura quanto è stato dato agli altri settori»
ROMA - «Nei ragionamenti della politica l’agricoltura conta meno di un call center. La nostra non è una manifestazione contro il governo ma per l'agricoltura; ci rivolgiamo a chiunque sia disposto - non mi interessa se maggioranza o opposizione, io preferirei entrambi - a darci par condicio con gli altri settori produttivi. Un esempio di quello che intendiamo viene dalla fermezza del ministro Galan sulle quote latte. Abbiamo un’agenda di cose urgenti: dalla defiscalizzazione degli oneri sociali che scadono tra pochi giorni, ai prezzi del gasolio agricolo». Lo ha ribadito il presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni nel suo vibrante intervento davanti ai diecimila associati intervenuti a Napoli, al Palapartenope, alla seconda imponente manifestazione nazionale dell’Organizzazione degli imprenditori agricoli sulla manovra economica che ha trascurato del tutto il settore primario.
«L'agricoltura deve stare sul mercato e deve produrre reddito. Ce lo lascino fare. Noi siamo aziende speciali: l’abbandono delle campagne equivale alla delocalizzazione delle industrie, ma è ben più drammatico in termini di degrado e di impatto sul territorio». E a chi nella maggioranza vorrebbe le dimissioni del ministro Galan, Vecchioni ha fatto sapere: «Facciamo quadrato attorno al ministro che, da quando si è insediato, ha sempre difeso gli interessi di tutta l’agricoltura italiana».
«Il governo - ha proseguito il presidente di Confagricoltura - deve intervenire perché sia garantito all’agricoltura un ‘contratto’ così come fa per difendere produzioni ed occupazione nelle grandi vertenze industriali. L’agricoltura va considerata centrale nelle politiche di sviluppo nazionali. Quando si parla di difesa delle medie e piccole imprese, quelle agricole non ci sono mai. Il Paese, la classe politica deve rendersi conto che l'agricoltura è allo stremo e, se le nostre imprese chiudono, addio made in Italy ed export».
Alla manifestazione napoletana sono intervenuti circa diecimila agricoltori della Confagricoltura di Campania, Lazio, Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Puglia, Calabria, Lucania, Sicilia, Sardegna. Erano presenti anche molti esponenti dei vari schieramenti politici che hanno voluto esprimere piena solidarietà. Sono intervenuti sul palco il presidente della Commissione Agricoltura della Camera Paolo Russo, il vicepresidente della Commissione Agricoltura del Senato Alfonso Andria, il vicepresidente della Giunta regionale della Campania Giuseppe De Mita.
Dal palco del Palapartenope, tra bandiere bianco verde e tricolore, Vecchioni ha scandito: «Vorrei che non si dimenticasse che le imprese agricole danno lavoro a un milione e quattrocentomila persone, che producono quasi il 16 per cento della ricchezza dei Paese, con grande beneficio per l'erario; gran parte del patrimonio culturale italiano è in ambito rurale e viene conservato e tutelato grazie agli agricoltori. A fronte di tutto ciò i piani regolatori continuano a cancellare circa mille ettari di terra produttiva al giorno per far spazio ad un’edilizia forsennata».
«C’è un problema politico. Se vogliono far saltare la coesione sociale questo è il metodo giusto», ha detto il presidente della Confagricoltura per poi concludere: «A questo punto l’unica strada percorribile per tentare di riequilibrare la situazione è un decreto di urgenza che recepisca le nostre richieste e chiarisca la volontà politica di permettere alle eccellenze del made in Italy di sopravvivere».
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