Dal Pil al Piq (prodotto interno qualità)
La Ferrara di qualità vale il 50,6% del pil della provincia
FERRARA - E’ possibile dare una misura economica a un valore apparentemente intangibile come la qualità? Si può calcolare quanto ambiente o fantasia, legame con il territorio o coesione sociale, diritti o benessere dei cittadini, ci sia dietro una filiera produttiva? In altre parole, quanta parte dell’economia del nostro paese, e quindi del PIL, è riconducibile alla qualità e come tale può essere misurata e monetizzata? In un momento in cui la grave crisi finanziaria in atto ha dato maggior forza al dibattito da tempo aperto per trovare nuovi indicatori da affiancare al PIL, per leggere meglio la situazione attuale e le tendenze in atto, nasce il PIQ, il Prodotto Interno Qualità, una nuova misura dell’economia per leggere l’Italia (ed i suoi territori) e affrontare la crisi.
Un cantiere e un laboratorio di pensiero pensato da Symbola insieme a Unioncamere italiana, e che vede la partecipazione, oltre che di esponenti del mondo scientifico, di oltre 150 esperti di settore, e dei rappresentanti delle principali associazioni di categoria, di Mauro Giannattasio, Segretario Generale della Camera di Commercio di Ferrara. Un importante riconoscimento del lavoro svolto fin qui dall’Osservatorio dell’economia dell’Ente di Largo Castello, che, come è noto, si avvale dell’apporto dei componenti di Enti locali, Università di Ferrara, Banca d’Italia, Casse di Risparmio di Ferrara e di Cento, SIPRO, Unindustria, C.N.A., Confartigianato, Confcooperative, Legacoop, Coopagri, Ascom, Confesercenti, CIA, Coldiretti e Unione Agricoltori, in sinergia con Unioncamere Emilia-Romagna).
«Oggi più che mai - spiega Mauro Giannattasio - visto il momento di grave crisi che stiamo attraversando, sia il mondo della politica che quello dell’economia sono chiamati a ripensare la questione del rapporto tra quantità e qualità dello sviluppo: a rafforzare il dibattito per trovare nuovi indicatori da affiancare al PIL, per leggere meglio la situazione attuale e le tendenze in atto. La nostra proposta, dunque, è quella di trovare un nuovo strumento per misurare l’economia e provare, nella crisi, a cambiarla. Quella che emerge dal PIQ, del resto, è una provincia che ha un grande bisogno di essere messa in rete, raccontata, rappresentata per quello che è, di riconoscersi in un progetto comune, quello della qualità, per essere più forte».
Frutto di un originale mix tra innovazione, ricerca, creatività e saperi territoriali, tutti tratti distintivi della soft economy, il Prodotto Interno Qualità della nostra provincia calcolato per il 2009 è pari al 50,6% (46,3% per l’Italia) del PIL. Dall’analisi della ricerca emergono i settori industriali di punta, dove elevata è la presenza di qualità, come la chimica, la metalmeccanica, l’elettronica e i mezzi di trasporto, ma si segnalano positivamente anche attività «tradizionali» come il commercio e l’agricoltura. I settori del made in Italy si collocano invece intorno alla media, evidenziando però accentuazioni delle dimensioni qualitative relative allo sviluppo del prodotto/servizio (informatizzazione, sostenibilità ambientale, sicurezza sul lavoro).
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