Marcegaglia: la politica deve eliminare i suoi privilegi
E al governo la Confindustria chiede meno tasse al mondo produttivo
Non era mai accaduto che l’Assemblea annuale della Confindustria coincidesse con la presentazione da parte del governo di una manovra lacrime e sangue.
E’ stato quindi inevitabile che a viale dell’Astronomia questa mattina si respirasse un aria da ultima spiaggia dove il «prima sopravvivere e poi filosofare» invocato nei giorni scorsi dal ministro Tremonti è stato il motivo conduttore degli interventi.
Oppressi da una crisi che è ben lontana dall’essere risolta, da una burocrazia che non ha fatto niente per migliorarsi, da un sistema fiscale che premia la rendita e punisce il lavoro, gli industriali oggi hanno fatto la voce grossa soprattutto con la classe politica che dirige il Paese.
«Se si chiedono sacrifici ai cittadini allora è la classe politica che per prima deve dare l’esempio rinunciando a gran parte dei suoi privilegi», ha detto chiaro e tondo Emma Marcegaglia al parterre che nella sala convegni della sede della Confindustria esibiva il Gotha della maggioranza e dell’opposizione.
«E' arrivato il momento nel quale i politici italiani, dal Parlamento giù giù sino all'ultima comunità montana, taglino i propri stipendi e le dotazioni per le loro segreterie e collaboratori, disboschino esenzioni e agevolazioni. La sforbiciata data con la Finanziaria agli enti e ai costi della politica è sacrosanta ma è solo un buon inizio», è quanto ha chiesto Emma Marcegaglia a chi governa l’Italia.
Per la presidentessa della Confindustria la diminuzione del 10% delle indennità dei membri del governo, guardata da un'ottica internazionale, è appena «un timido esordio». «E' assolutamente opportuno – ha aggiunto - che vi si adeguino gli organi costituzionali. Le rinunce devono essere fatte da tutti».
La critica al sistema Italia della Marcegaglia è stata a tutto campo. La leader degli imprenditori ha giudicato del tutto insufficiente l’annunciata eliminazione di dieci province ed ha aspramente criticato l’abnorme presenza di poltrone distribuite dalla mano pubblica per gestire quell’esercito di 25 mila società in carico agli enti locali.
Un messaggio speciale la Marcegaglia lo ha riservato ai sindacati, ai quali ha rivolto un appello accorato invitandoli ad una sorta di convocazione degli stati generali del lavoro per affrontare «tutti insieme» la grave crisi che si è abbattuta sull’Europa.
Rivolgendosi ai leader di Cgil, Cisl e Uil, Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti presenti in platea, Marcegaglia non ha usato mezzi termini: «A tutto il sindacato – ha detto - senza eccezioni dico che ora è venuto il momento di mettere l'interesse dell'Italia davanti a tutto e di costruire insieme fiducia e responsabilità».
Riferendosi, poi, alla divisione creatasi con la Cgil dopo la firma separata sul nuovo modello contrattuale, la leader degli industriali ha ricordato che Confindustria ha «'sempre mantenuto con tutti aperta la porta del dialogo e del confronto. Noi – ha confermato - non vogliamo ne' divisioni ne' contrapposizioni: vogliamo lavorare insieme. Ma sentirci a distanza ora non basta più'. Occorre ritrovare subito traguardi e percorsi condivisi».
Infine la presidentessa della Confindustria è tornata sul problema del fisco per chiedere al governo un immediato intervento per abbassare il costo del lavoro.
Emma Marcegaglia ha parlato con alle spalle un quadro generale che segnala una modesta ma significativa ripresa della produzione industriale e soprattutto un promettente rilancio delle esportazioni italiane.
Sulla scena permangono però quelle ombre sulla gestione della crisi che stamani il Financial Times ha sintetizzato con questo titolo: «Perdere tempo a Roma». L’autorevole quotidiano londinese rimprovera al governo una manovra troppo timida se confrontata con quella francese o tedesca, ma soprattutto accusa l’esecutivo italiano di non aver dato corso finora a quelle riforme strutturali che potrebbero rilanciare la crescita. «Le fortune dell’Italia, con il debito che si ritrova, ad un certo momento potrebbero anche finire», ha concluso il Financial Times.
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