19 aprile 2024
Aggiornato 19:00
Settore ortofrutticolo

Carciofo Brindisino: una Indicazione Geografica Protetta da..……..proteggere

Convegno della Coldiretti di Brindisi

BRINDISI - «Le importazioni di carciofi provenienti da Egitto, Marocco e Tunisia nei porti di Brindisi, Genova, Gioia Tauro e Manfredonia inquinano il mercato immettendo prodotto di scarsa qualità a prezzi stracciati. Il rischio è che i nostri imprenditori agricoli decidano di non raccogliere più ritenendo poco remunerativa l’attività cinaricola. Prende il via in questi giorni un’attività di rilancio e promozione del comparto in provincia di Brindisi che ha bisogno di una seria programmazione per uscire dal momento di difficoltà e contemporaneamente assicurare la possibilità ai consumatori di acquistare prodotto locale che, non essendo soggetto a lunghi tempi di trasporto, garantisce freschezza e genuinità uniche». Così il Presidente della Coldiretti di Brindisi, Salvatore Ripa, ha aperto i lavori del convegno sul tema ‘Carciofo Brindisino: una Indicazione Geografica protetta da proteggere’, nel corso del quale è stato dato il benvenuto al marchio comunitario ‘Cinarino’, utile ad identificare il carciofo di Brindisi e ad attivare un percorso di rivitalizzazione di un comparto che ha subito negli ultimi danni ingenti causati delle difficili condizioni climatiche e della massicce importazioni di prodotto dall’estero, spacciato per ‘made in Puglia’ sui mercati provinciali e regionali.

«Il percorso – ha aggiunto il Direttore della Coldiretti Puglia, Antonio De Concilio – non è assolutamente concluso. Ora bisognerà creare il Consorzio di tutela, accelerare la costituzione dell’Organizzazione dei Produttori (OP) e dare vita all’albo dei produttori stessi. Il fine ultimo deve essere quello di arrivare al consumatore con la garanzia della qualità e della salubrità dei carciofi pugliesi attraverso l’etichettatura e la rintracciabilità, strumenti in grado di dotare il carciofo della «carta di identità» utile a presentarsi al mercato come «made in Puglia», aggiungendo valore economico ad una produzione molto conosciuta ed apprezzata.

La Puglia è la maggiore produttrice italiana di carciofi, con 160.000 tonnellate che rappresentano il 94% della produzione del Mezzogiorno ed il 33 % di quella nazionale. La produzione lorda vendibile per ettaro presenta un notevole valore economico, però si riscontra una notevole incidenza delle spese per la manodopera (il 42% delle spese totali) ed il reddito risulta eccessivamente condizionato dalle fluttuazioni di mercato».
La produzione cinaricola necessita di una elevata manualità e, quindi, di un ragguardevole numero di giornate lavorative impiegate ed è molto praticata in aziende con estensione medio piccola.

«A queste debolezze strutturali – continua il Direttore provinciale, Francesco Carbone - accompagnate dalla quasi totale assenza di innovazioni tecnologiche e di ricerca agronomica, si aggiunge che la cinaricoltura brindisina negli ultimi anni è stata interessata da una ripetuta crisi produttiva e commerciale causata anche dalle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi. I fattori negativi che si sono immediatamente evidenziati sono riconducibili a problemi fitosanitari ed agronomici, quali tracheoverticilliosi, virosi, infestazione di topi campagnoli, stanchezza dei terreni e salinità delle acque. Queste problematiche accentuano la forte necessità di un importante piano di ricerca scientifica e di selezione da trasferire in breve tempo nelle campagne, anche attraverso i centri dimostrativi o pilota». Urgente, tra l’altro, l’intervento sui costi di produzione eccessivamente elevati ed in particolare sui costi del lavoro, in modo tale da rendere competitive le imprese sul mercato europeo.

«L’azione di rigenerazione e rilancio del comparto cinaricolo – conclude il Vicedirettore provinciale, Francesco Manzari - deve necessariamente partire dal coinvolgimento delle strutture scientifiche regionali e dell’assistenza tecnica agricola per rivolgersi con immediatezza alle imprese agricole ed alle organizzazioni associative e commerciali. Il fine ultimo deve essere quello di arrivare al consumatore con la garanzia della qualità e della salubrità dei carciofi brindisini: è il metodo della rintracciabilità che, per essere attuato, implica la dotazione di un progetto comune tra imprese, istituzioni e territorio». Con l’invio «agli uffici di Bruxelles – ha commentato Carmelo Delli Mauri, Presidente del Comitato Promotore - della domanda di riconoscimento della IGP, i cinaricoltori brindisini che circa tre anni fa intrapresero il cammino verso tale riconoscimento, possono ritenersi soddisfatti del lavoro fin qui svolto. Sappiamo che molto c’è ancora da fare, ma siamo sicuri di percorrere l’unica strada possibile verso un’identificazione, una promozione e una tutela del prodotto tipico per eccellenza del territorio Brindisino». E molto dovrà essere ‘fatto sul fronte dei controlli- ha spiegato il Direttore dell’ICQ di Bari, Umberto Di Martino – oggi condotti in stretta collaborazione proprio con le organizzazioni professionali agricole».