28 agosto 2025
Aggiornato 09:30
L'Europa e la crisi

Prende quota l'ipotesi di un Fondo monetario europeo

Una nuova istituzione in grado di intervenire sui paesi soprattutto dell'area euro che si trovassero in difficoltà nelle finanze pubbliche

LONDRA - Prende quota l'ipotesi di creare un Fondo monetario europeo, una nuova istituzione in grado di intervenire sui paesi dell'Unione e soprattutto dell'area euro che si trovassero in difficoltà nelle finanze pubbliche. Oggi la questione è in prima pagina sia del Financial Times che del Wall Street Journal, dopo che ieri a favore dell'idea si era espresso il ministro delle Finanze della Germania, prima economia dell'area euro, Wolfgang Schaueble.

La dinamica di funzionamento a cui si pensa sarebbe simile a quella dell'Fmi di Washington, ma allo stesso tempo si ipotizza di affiancare questo 'salvatore' a un inasprimento delle sanzioni a carico dei paesi che sgarrano sulla disciplina di bilancio. E quest'ultimo punto è ancora più problematico.

L'ipotesi di un Fondo monetario europeo era stata sostenuta nei giorni scorsi anche dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, durante la sua visita ufficiale a Bruxelles. Alla base del problema è che i trattati attuali precludono alle istituzioni Ue esistenti la possibilità di effettuare veri e propri salvataggi, laddove nei singoli stati l'idea di erogare aiuti a un paese partner può creare attriti con i contribuenti, come avvenuto in queste settimane in Germania sul cao della Grecia.

Va però precisato che la creazione di un «Fme» non sarebbe la soluzione per l'attuale dissesto dei conti ellenici: non è una riforma dall'oggi al domani e difficilmente si riuscirebbe a fare in tempi utili.

E poi c'è la questione del rafforzamento dei controlli e delle sanzioni sulla disciplina di bilancio. Secondo l'Ft si potrebbe arrivare alla sospensione della partecipazione di un paese al Consiglio europeo e ad altre istituzioni comunitarie, con il congelamento temporaneo dei diritti di voto. Ma un passo di questo tipo è tutt'altro che facile, avverte il quotidiano in un articolo di approfondimento, richiederebbe modifiche ai trattati europei e questo è un punto che «quasi tutti i paesi vorrebbero evitare - viste le difficoltà incontrate sulla ratifica del trattato di Lisbona».