29 marzo 2024
Aggiornato 01:00
Indagine Auser

Cresce la povertà assoluta degli anziani

Riducono i consumi e si indebitano. E i comuni affidano sempre più al Terzo Settore la gestione dei Servizi Sociali

ROMA - Cresce la povertà assoluta  degli anziani e peggiorano le loro condizioni di vita,  il fenomeno riguarda soprattutto gli anziani soli ultra 65enni. Ad essere interessati sono 7 anziani su 100 nel 2008 e le coppie con anziano capofamiglia, circa 5 su 100.
Lo mette in evidenza la prima indagine su «La condizione sociale degli anziani» presentata oggi a Roma dall’Auser. I dati sui consumi mensili degli anziani, confermano l’ipotesi del progressivo peggioramento delle condizioni reali di vita per questa fascia della popolazione. Le statistiche ISTAT mostrano, infatti, come negli ultimi 6 anni (2003 – 2008) la spesa media mensile di un anziano solo cresca esclusivamente nelle componenti dei costi per l’abitazione e l’energia (+1,1%) e dei trasporti (+1%).
Al contrario, nello stesso periodo, l’anziano che vive solo ha ridotto soprattutto le spese per l’alimentazione (- 1,4%) e abbigliamento e calzature (- 0,5%).
Nel caso di coppia senza figli con capofamiglia ultra 65enne, solo una voce di spesa risulta in aumento: quella destinata all’abitazione ed energia +3,2%. In calo tutte le altre voci di spesa.

Gli anziani si impoveriscono e si indebitano
La conferma viene dalla Banca d’Italia dai dati sulla struttura dei debiti familiari e sulla vulnerabilità finanziaria delle famiglie.
Le famiglie anziane con capofamiglia over 64 e quasi anziane con capofamiglia di età compresa tra i 55 e i 64 anni, risultano quelle con il debito per beni di consumo più elevato, rispettivamente dell’11,9% e del 13,8%. In assoluto i nuclei con capofamiglia ultra64enne sono anche quelli più indebitati con amici e parenti. 

Pensioni: il regno della disuguaglianza
In questo contesto – sottolinea l’indagine dell’Auser- il sistema pensioni rafforza ulteriormente le condizioni di disagio degli anziani, ponendosi anche come il regno della disuguaglianza, soprattutto al Sud.
Sfiora, infatti,  i 780  euro l’importo medio mensile delle pensioni percepite dagli anziani che risiedono in Italia  Ma se il pensionato, con più di 65 anni,  vive al Sud, la quota di cui può disporre diminuisce di quasi  160  euro (620 euro), se invece appartiene alle regioni del Nord-Ovest aumenta  fino a 910 euro. Se poi l’anziano del Sud è uomo, allora l’assegno pensionistico sale fino a 792 euro e scende  addirittura fino  490 euro per le donne.  Infine, mediamente, tra un settantenne e un ultra-ottantenne in pensione passa una differenza di oltre 180 euro (da 680 a 500 euro pro-capite).E’ lo specchio del divario – territoriale, fra uomo e donna, per fasce d’età - che esiste in tema di pensioni ed anziani over 65.
La distribuzione degli importi medi delle pensioni e in particolare di quelle di vecchiaia riflette le conseguenze di problemi cronici  e conferma che l’Italia  è un paese ad alta povertà e disuguaglianza, un fenomeno che riguarda soprattutto il Mezzogiorno. In sostanza, sia le forti differenze territoriali che riguardano i trattamenti salariali e previdenziali dei lavoratori dipendenti privati e autonomi, sia il fenomeno del lavoro sommerso, hanno pesato negativamente sul rendimento delle pensioni e anche in termini di copertura del sistema di protezione sociale.

I comuni stretti nella morsa dei tagli alla spesa
I risultati del III Rapporto Auser Enti Locali e Terzo Settore

Di contro i comuni si ritrovano stretti sempre più  nella morsa dei tagli alla spesa e agli organici, costretti ad affrontare un forte incremento della domanda e del bisogno  sociale. In sostanza la gestione dei servizi sociali vede sempre più protagonista il Terzo Settore, in presenza però di regole e criteri di affidamento ancora incerti e poco trasparenti. Lo mette bene in evidenza il «III Rapporto Enti Locali e Terzo Settore» dell’Auser  presentato oggi sempre a Roma.
In base ai dati rilevati dall’Auser, sono soprattutto i Comuni più grandi per dimensione demografica -  dove probabilmente la crescente domanda di assistenza necessita, per poter essere soddisfatta, di un numero elevato di operatori - ad affidare all’esterno la gestione dei servizi sociali e alla persona.  I settori d’intervento che assorbono le quote maggiori di risorse destinate all’acquisto di prestazioni sociali, riguardano la gestione degli asili nido, delle strutture residenziali e dei  ricoveri per anziani  e dell’assistenza domiciliare.
Nel 2009 circa il 51,6% della spesa comunale  finalizzata all’assistenza,  è stata impiegata dai Comuni per affidare all’esterno, in particolare a favore delle imprese sociali e delle associazioni del territorio, la gestione di interventi e servizi sociali. Questo fenomeno,  presenta caratteristiche più marcate nelle aree del Mezzogiorno (circa il 55%); nelle aree del Nord-Ovest si riduce, invece, la quota della spesa per l’acquisto di servizi (49,1%).

La qualità degli appalti sociali
Il 15% delle gare sono state indette sulla base del criterio di aggiudicazione al prezzo più basso determinato mediante massimo ribasso sull'elenco delle offerte. Questa formula è volta a premiare esclusivamente i ribassi proposti dalle imprese sociali rispetto alla base d’asta o prezzo base  progettato dal Comune, ignorando, in definitiva, le componenti tecniche e qualitative delle offerte.
Tale prassi è ancora adottata dai Comuni, nonostante che la legge 328/2000 e le norme regionali di settore sollecitino, ormai da anni, le amministrazioni pubbliche ad abbandonarla.
Neanche il 20% dei bandi comunali contiene disposizioni dettagliate per tutelare la sicurezza sul lavoro e in materia di antinfortunistica, relativamente ai dipendenti delle imprese sociali.
Nella quasi totalità dei bandi esaminati, inoltre, le amministrazioni locali non hanno applicato gli indirizzi della riforma dell’assistenza per la diffusione delle forme di aggiudicazione cosiddette negoziate, volte cioè a sviluppare – attraverso le formule dell’ «appalto concorso» e della «co-progettazione» - le capacità progettuali dei concorrenti del Terzo Settore.
Solo 8 delle 140 gare pubbliche prevedono, infatti, l’aggiudicazione di servizi sociali sulla base dell’»appalto concorso» (che lascia libertà alle imprese sociali di proporre progetti di ampio respiro per la gestione di una determinata prestazione sociale);  inoltre, solo 7 Comuni hanno chiesto a cooperative e associazioni sociali di co-progettare insieme un servizio,  attivando, così come prevede anche il «Codice degli appalti» (Dlgs 163/2006)  un tavolo di lavoro congiunto, tra ente committente e impresa aggiudicataria, finalizzato a monitorare e a ri-programmare continuamente la gestione dell’intervento sociale.
Ad aggiudicarsi la fetta più grossa sono le cooperative sociali, soprattutto nel Nord Ovest (88%). Le associazioni di volontariato risultano affidatarie dei servizi sociali al Sud per il 21% nelle isole per il 23%.
Le  cooperative sociali gestiscono in particolare servizi di assistenza domiciliare agli anziani, interventi assistenziali di base (gestione di centri con ospiti residenziali), e servizi all’infanzia, specie quelli a carattere educativo e ricreativo. Alle associazioni di volontariato i Comuni affidano in particolare la gestione di  servizi cosiddetti innovativi e integrativi, di supporto agli interventi «complessi»: Laboratori di animazione sociale; Interventi di sollievo e supporto psicologico; Trasporti sociali; accompagnamento; servizi agli immigrati.
I criteri di affidamento dei servizi sociali comunali sono ancora non pienamente trasparenti.
La breve durata degli incarichi, la carenza di controlli degli uffici comunali sull’operato del Terzo settore e in particolare sul fenomeno del lavoro nero, costituiscono elementi di forte incertezza nella ripartizione della spesa sociale e soprattutto relativamente all’erogazione di prestazioni di qualità.