4 ottobre 2025
Aggiornato 02:00
Il fondo monetario internazionale lancia l’allarme

I conti pubblici aggravati dal debito

L’Italia viaggia verso un rapporto del 120,1 per cento sul pil, ma nell’ultimo anno si è indebitata meno di Francia, Germania e USA

Dall’ «universo-crisi» arrivano segnali contrastanti. Un giorno il Fondo Monetario Internazionale incoraggia l’ottimismo e quello successivo frena gli entusiasmi ricordandoci i pericoli che ancora incombono sul sistema globale. Ora l’allarme arriva dai debiti pubblici.
Tutti i paesi alle difficoltà hanno reagito cercando negli stimoli pubblici un rimedio efficace e la ricetta ha dato i suoi frutti.
Ora si tratta di verificare se gli spiragli che si sono aperti sono effimeri o duraturi.

L'ESEMPIO «INCENTIVI AUTO» - Se dovessimo giudicare da quanto sta avvenendo nel mondo dell’auto il quadro clinico che abbiamo davanti è tutt’altro che rassicurante. L’amministratore delegato della Fiat su questo punto è stato drastico: »Senza la conferma degli incentivi aspettatevi la chiusura di molti stabilimenti e un aumento dei disoccupati», ha ammonito Marchionne.
Il governo, che in altre occasioni aveva tentennato prima di prendere una decisione, questa volta non se lo è fatto ripetere due volte. A stretto giro di posta sono venute le rassicurazioni del premier, confermate ieri di persona, a Detroit, dal ministro per lo sviluppo Economico, Claudio Scajola che all’Ad della Fiat ha annunciato che l’esecutivo è pronto a mettere sul piatto degli incentivi alla vendita di auto pari a 400-500 milioni di euro.
Che cosa può avvenire se lo stimolo agli acquisti viene bloccato lo sta vivendo sulla sua pelle l’industria dell’auto americana. Per la prima volta nella loro storia gli Stati Uniti, la scorsa estate, hanno sperimentato la formula degli aiuti pubblici al consumo, una ricetta al contrario molto in voga in Europa.
Gli effetti positivi della manovra non sono mancati, ma appena il fondo fissato per le rottamazioni si è prosciugato e gli aiuti sono stati interrotti e il mercato ha dovuto contare unicamente sulle sue e gambe il tonfo è stato ancora più rumoroso che nei mesi della paura del 2008: le vendite di auto negli Stati Uniti sono infatti crollate del 46 per cento in un mese.
Da qui la preoccupazione del Fondo Monetario Internazionale, il quale si chiede giustamente fino a che punto i governi saranno in grado di far ricorso alla leva degli aiuti pubblici per sostenere le proprie economie.

CONFINDUSTRIA E L'IRAP - Gli appelli provenienti dal mondo produttivo per ricercare dalle casse pubbliche un supporto all’asfissia dei mercati non mancano.
In Italia mentre le agenzie di stampa battevano la notizia dell’impegno preso a Detroit da Scajola, sul tavolo del governo planava la richiesta di nuovi contributi statali da destinare al mondo delle due ruote.» Nonostante la buona performance della Piaggio il mercato si mostra debole», hanno mandato a dire da Pontedera.
Ed Emma Marcegaglia ha ricordato al Presidente del Consiglio che mantenere in piedi l’industria automobilistica non basta, ora bisogna abbassare le tasse sul lavoro a carico delle imprese.
«La Francia - ha spiegato il presidente della Confindustria - ha deciso di eliminare l’Irap a carico delle imprese con un beneficio di 11,7 miliardi nel 2010 e si attende una mossa simile anche dalla Germania. E’ chiaro – ha aggiunto la Marcegaglia - che se si muovono paesi come la Francia e la Germania, che sono i nostri diretti competitori su alcuni settori, il tema della riduzione fiscale va posto anche all’attenzione del nostro governo, perché c’è un problema di competitività».
Il ragionamento della Confindustria non fa una grinza se si guarda alla specularità che c’è fra aziende italiane, francesi o tedesche rispetto al mercato: se vengono avvantaggiate le une, gli stessi vantaggi debbono avere le altre, se non si vuole perdere il passo con la concorrenza.

IL «QUADRO» DEI CONTI - Ma se guardano i conti pubblici e il debito, si può sostenere che la somiglianza fra le imprese si registri anche nelle casse statali di questi tre paesi?
L’Italia ha un debito pubblico che non è il più alto al mondo solo perché i Giapponesi stanno peggio di noi. Nel 2010, dicono le previsioni del Fmi, dal 115,8 dell’anno scorso l’esposizione italiana toccherà il tetto del 120,1 per cento in rapporto al Prodotto Interno Lordo, con una crescita del 4,3 per cento.
Bisogna anche aggiungere che in questo ultimo anno siamo il paese che si è indebitato di meno, rispetto all’incremento del 5,8 della Germania, del 5,9 della Francia, dell’ 8,8 degli Stati Uniti, e addirittura del 13 per cento della Gran Bretagna.
Ma da che base partono questi risultati? La Gran Bretagna partiva da un rapporto del 68,7 di indebitamento rispetto al Pil, la Francia del 76,7, la Germania dal 78,7, gli Stati Uniti dell’ 84 per cento.
PPaesi come si vede ben lontani dal nostro record di indebitamento e quindi con margini di espansione ben diversi dal nostro.

LA GOCCIA E IL VASO - Ora la domanda da porsi è questa: il debito pubblico può aumentare a dismisura?
«Vigiliamo affinché i livelli di indebitamento non diventino troppo alti da indurre gli investitori alla fuga anche dai titoli di Stato considerati più sicuri», questo l’allarme lanciato ieri dal Fmi.
L’Italia vista la sua posizione in classifica è fra i paesi guardati a vista, anche se il rapporto diffuso ieri dal Fmi riconosce che il nostro paese è fra quelli che meno hanno subito i danni della crisi e di conseguenza è fra chi ha dovuto investire di meno per risolverla.
Resta il fatto che la richiesta di dotarsi di strumenti assicurativi contro la possibilità di default dell’Italia, come di tutti gli altri paesi che accusano un aumento del deficit, sia aumentata di quasi un terzo.
Continuiamo a scontare i danni provocati dagli anni della spesa facile, quando autorevoli uomini politici sostenevano che doveva essere considerato un male minore perché il debito era prevalentemente interno.
Ma oggi sbaglia anche chi adombra che l’alto debito dello Stato possa essere compensato da un alto risparmio delle famiglie.
Se gli italiani stanno attenti al loro gruzzolo è sicuramente un bene.
Ma le due casse, quella pubblica e quella privata, sono e debbono restare separate.
Soprattutto quando si sta parlando di debiti.