29 marzo 2024
Aggiornato 09:30
Agricoltura: è ormai crisi profonda. Un’impresa su tre a rischio chiusura

Presidi sulle autostrade per una nuova politica agricola

Il presidente della Cia Giuseppe Politi, che ha partecipato all’iniziativa al casello di Faenza sull’A14, lancia un grido d’allarme

FAENZA - «Ormai è vera emergenza per l’agricoltura italiana. Un’impresa agricola su tre è a rischio chiusura. I bilanci aziendali sono sempre più ‘in rosso’. I costi produttivi crescono in maniera preoccupante e con essi gli oneri contributivi e il ‘peso’ asfissiante degli adempimenti burocratici, mentre i prezzi sui campi sono in caduta libera. Nel 2010, senza immediati e straordinari interventi a sostegno degli agricoltori, oltre 100 mila aziende possono andare fuori mercato e più di 2 milioni di ettari di terreni coltivati sono in grave pericolo. Non solo. Si potrebbero verificare un ‘taglio’ deciso all’occupazione e pesanti conseguenze anche del made Italy».

Questo il grido d’allarme lanciato oggi dal presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi che ha partecipato alla manifestazione promossa insieme a Confagricoltura e Copagri al casello dell’A14 di Faenza (presso il parcheggio del centro commerciale «Le Maioliche») dove hanno protestato centinaia di agricoltori che stanno vivendo un momento di grandissima difficoltà, con redditi sempre più tagliati.

Un altro presidio si è tenuto, sempre oggi, presso l’uscita del casello di Modena Nord sull’A1. Iniziative che, sotto lo slogan «Difendiamo ciò che vale, difendiamo l'agricoltura», sono state promosse per richiamare l'attenzione della politica e delle istituzioni sui gravi problemi che sta attraversando il settore agroalimentare italiano. Alle iniziative in Emilia Romagna hanno partecipato anche i presidenti di Confagricoltura Federico Vecchioni e di Copagri Francesco Verrascina.

«Negli ultimi dieci anni -dice il presidente della Cia- circa 500 mila imprese agricole, in particolare quelle che operavano in zone di montagna e svantaggiate, hanno chiuso i battenti. Solo nel 2008 più di 25 mila sono andate fuori mercato. Il rischio è che nei prossimi quattro-cinque anni altre 250 mila aziende rischiano di cessare l’attività. Senza interventi realmente propulsivi sarebbe una tragedia per l’intero settore».

«Per questa ragione -ha affermato Politi- rinnoviamo l’appello per azioni comuni a tutte le organizzazioni agricole e cooperative, e in particolare a Confagricoltura e Copagri, che condividono con noi, in molte iniziative territoriali, a cominciare da quelle odierne in Emilia Romagna, la protesta degli agricoltori nei confronti dei gravi problemi che attanagliano il settore. D’altra parte, come Cia si è già deciso di proclamare lo stato di mobilitazione, che non esclude una manifestazione a livello nazionale».

«Il silenzio del governo nei confronti dei gravi problemi del mondo agricolo -ha aggiunto il presidente della Cia- è disarmante. Siamo in una situazione non più tollerabile. In questi mesi più volte abbiamo sostenuto la necessità di misure incisive. Nessuna risposta valida è venuta. Per questo motivo abbiamo detto basta e abbiamo deciso di promuovere la mobilitazione sul territorio. Vogliamo far sentire, in modo vibrante, la voce della protesta degli agricoltori italiani, che sono stanchi di restare inascoltati, anche quando le questioni assumono contorni drammatici, come quelli attuali».

«Oltretutto, siamo in presenza di uno scenario aggravato -ha rimarcato Politi- dalla mancanza di certezze sul fronte assicurativo, visto che, finora, non sono state reperite, nonostante le molte promesse, le risorse necessarie per il finanziamento del Fondo di solidarietà nazionale per le calamità naturali».
«Siamo stanchi dei continui annunci da parte del governo. E’ venuto il momento degli atti tangibili. Le imprese agricole -ha avvertito il presidente della Cia- sono in grande affanno. Serve un nuovo progetto di politica agraria. E la sede più ideale per discuterla e svilupparla resta la Conferenza nazionale sull’agricoltura, anch’essa tante volte annunciata, ma mai programmata. E’ finita pure essa nel dimenticatoio. E anche questo dimostra la scarsa attenzione che il governo ha di questo fondamentale settore. Non si può continuare ad ignorare una realtà grave che è sotto l’occhio di tutti. Ecco perché la nostra protesta sarà ferma e determinata. Ci battiamo con energia affinché un grande patrimonio, quale è quello agricolo e rurale dell’Italia, non vada disperso e si frammenti ulteriormente. Le conseguenze sarebbero devastanti non solo per il settore, ma anche per l’intera economia».